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Circuiti di potenza

La dannata induttanza

(Dom. 58) In elettrotecnica capita spesso di dover pilotare carichi industriali di potenza, ad esempio motori elettrici, che hanno carattere induttivo a causa degli avvolgimenti.

Studiamo il caso di un diodo con carico induttivo.

Figura 1

Siamo in presenza della necessità di avere una via di scarica della potenza reattiva che va avanti ed indietro fra generatore e carico. In un circuito unidirezionale per la presenza del diodo, è possibile? . La      potenza elettrica reattiva ha per abitudine (ben nota ad elettrotecnici sperimentati come voi) l' inversione della  direzione ed il  rientro nel generatore  (se non ci sono altre vie di fuga). Quando ciò accade uno solo dei due fattori della potenza (I o V) cambia segno.     Ovviamente I non può farlo per via del diodo unidirezionale. Lo deve fare V (se no, chi?) e quindi la conduzione continua nella semionda negativa con V invertita.

Il diodo continua ad essere polarizzato direttamente per via della famosa forza controelettromotrice             [ acronimo (?) fcem ] dell'induttanza che mantiene il catodo più negativo dell'anodo. I conti tornano.                 L'energia reattiva torna indietro al generatore,l'induttanza si scarica  (potrebbe solo caricarsi?) ed il diodo mantiene sempre la polarizzazione diretta anche nella semionda negativa. Siamo a cavallo. Speriamo di non cadere.

Nel grafico  di figura 2 è riportato l'andamento qualitativo della tensione e della corrente (che non diventa negativa) per un carico induttivo.

Figura 2

(Dom. 59) L'angolo di spegnimento supera i canonici 180° del caso resistivo. Il superamento del suddetto limite dipende da quanto è induttivo il carico, dipende cioè dal rapporto ωL/R. Quanto più ωL è grande rispetto ad R, tanto maggiore è la potenza reattiva da restituire al generatore e corrispondentemente più lungo il tempo di conduzione nella semionda negativa e quindi l'angolo di spegnimento.

Il transistor e l'induttanza

(Dom. 60) E con il transistor come ce la caviamo? Il carico induttivo compare con il Bjt quando, ad esempio, funziona in on-off per pilotare un relè o un motore.

Figura 3

Nella figura precedente L rappresenta l'induttanza        (ammesso che si possa definire) della bobina di eccitazione del relè o dell'avvolgimento del motore.

Per gli amanti delle sigle il diodo può essere un  diodo Schottky veloce da 1 A 11DQ04 (sostituibile con uno più lento tipo 1N4004) ed il transistor un BD439       Il problema si presenta perché L tende a frenare o rallentare le variazioni di I. Fate finta di saperlo, altrimenti il prof di Elettrotecnica verrà a conoscere i vostri mancamenti.

(Dom. 61) Quando le brusche variazioni   sono imposte, come in questo caso dal transistor che si interdice, nasce una forte fcem con polarità positiva sul collettore che   può danneggiare il Bjt. Questa fcem nasce nel tentativo di mantenere in conduzione il Bjt e, cioè, di opporsi alla causa (interdizione del transistor) che ha generato la variazione della corrente. Il cerchio si chiude. Speriamo non sulle palle. Tale evento (la distruzione del transistor, non delle palle) è impedito dal diodo di libera circolazione che entra in conduzione non appena il potenziale di collettore supera Vcc permettendo ad L di scaricarsi rapidamente attraverso il diodo senza danneggiare il Bjt a causa di sovratensioni distruttive al di sopra di Vcemax.    Ripetiamo in termini matematici.

Come è noto dal corso di Sistemi, l'equazione nel dominio del tempo di una induttanza è êv ê = L di/dt. L'interdizione del Bjt provoca una di/dt  [ A/ms] altissima e quindi una v altrettanto  elevata       (quella che può generare un quarantotto).

Il diodo di libera circolazione si può utilizzare in modo simile nel caso di circuiti induttivi in qualunque situazione (luci al neon) ed in particolare in circuiti con diodi o ponti di diodi come esemplificato dalla figura 4 dove Dlcirc è il diodo di libera circolazione:

Figura 4

Il problema della trasmissione della potenza con alto rendimento

(Dom. 62)  Un motorino (ogni riferimento a persone o cose conosciute è puramente casuale) potrebbe essere pilotato attraverso un transistor con il circuito di figura 5.

In tal caso l'efficienza del circuito è salva se si pilota il  Bjt in on-off (motore spento od a tutta birra) perché in questi due casi il transistor dissipa una potenza praticamente nulla: in interdizione è quasi nulla la Ic e in saturazione è relativamente piccola la Vce.

Ricordo che la potenza di commutazione da on ad off o viceversa può dare luogo ad un picco rilevante ad ogni cambiamento di stato e quindi dipende dalla frequenza di commutazione. Al di fuori di queste due possibilità la potenza persa sul Bjt che serve solo da interruttore per portare P [W] dall'alimentazione al motore è rilevante perché Vce ed Ic sono contemporaneamente diverse da zero. Il bilancio di potenza si può scrivere considerando che la potenza generata          

Figura 5

dall'alimentazione Pcc finisce sul motore per una frazione Pmot e sul Bjt per la restante parte. Quindi il bilancio energetico si scrive:

Pcc = Pmot + PBjt  o in altri termini:

Vcc*Imot = Vmot*Imot + Vce*Ic   (con  Ic = Imot)

Il rendimento del sistema, eccetto che alla velocità massima (quando Vmot vale circa Vcc e Vcesat circa zero), fa proprio schifo. il transistor diventa una stufa perché la potenza non utilizzata dal motore quando va piano finisce sul Bjt (e nella bolletta).    Situazione da evitare come l'aids.

Riassumo: il pilotaggio lineare (si dovrebbe dire proporzionale) del motore dà velocità variabile solo se varia la tensione Vmot ai capi del motore da 0 a + Vcc seguendo l'andamento variabile di Vbb che comanda la velocità del motore.

NB: se si vuole un pilotaggio in tensione del motore per mezzo del transistor (dalla tensione dipende la velocità in modo proporzionale) si deve porre il motore sull'emettitore che presenta una bassa resistenza d'uscita e simula un buon generatore di tensione come mostrato in figura 6.

Figura 6

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