Date due serie di dati,xneyn , si può analizzare la loro reciproca dipendenza (o, al contrario, la loro indipendenza)
conmetodi derivati dall'analisi
statistica. Quale esempio si considerino i dati di peso corporeo e di altezza
relativi a ciascuno degli Nindividui di una popolazione.
Ipotizzando una relazione lineare
fra i dati delle due serie, si possonocosì calcolare i parametriche
definiscono una retta rappresentante idealmente l'andamento di una delle
variabili rispetto all'altra.
Questo procedimentoè noto comeanalisi di regressione lineare.
Ovviamente, anche quando questa
relazione esiste, i dati possono non essere allineati su una retta (per effetto
di una certa casuale distribuzione dei valori), quindi si tratta di stabilire
un criterio che minimizzi gli scostamenti dei dati reali dalla retta ideale.
Il criterio maggiormente seguito èquello del minimo scostamento quadratico medio, cioè di rendere minima la
somma degli scostamenti fra ogni punto (definito dai valori di x e ycorrispondenti allo
stesso indice n) e la retta stessa.
Risulta intuitivo che esiste una
reciprocità di dipendenza a secondo che si consideri come variabile
indipendente laxoppure lay :
nel primo caso è
y = a·x + b, conaebi parametri cercati, dove
aè la pendenza della retta ebl'intercetta perx=0.
La Fig.27.1a mostra i passaggi
algebrici che consentono di ricavare tali parametri.Per minimizzare la sommatoria dei quadrati delle differenze, si sviluppa
questa espressione e si uguagliano a zero la derivate parziali rispetto ada ed ab.
Un esempio numerico, conN =
100 dati, permette di verificare il metodo.
La serie di dati yn, è ricavata con parametri
noti a priori, ma vengono introdottidisturbi(dn)
fino al 25%, come si può vedere dal grafico.
Malgrado ciò, i valori stimati (asebs) non si discostano significativamente da quelli utilizzati per
stabilire i valori di y .
La Fig.27.1b mostra invece gli
stessi calcoli utilizzandole funzioni
statistiche,in particolarela media aritmetica (m).
Per quantogià accennato, in generalevi sarà una differenza se come variabile
indipendente si considera laxolay, cioè se si cerca la
regressione diyrispetto axo viceversadi xrispetto ay(in altre parole i
coefficientiayxebyx,
oppureaxyebxy).
Quindi si potranno avere due
rette y = ayx · x + byxex = axy · y+bxy distinte.
Il legame fraxey sarà tanto più probabile quanto più coincidenti saranno queste due rette, e il parametro che esprime questa
dipendenza è
dettocoefficiente di
correlazione(r)
, ed è dato dalla radice quadrata del prodotto delle due pendenze.
Fig.27.1a-Metodo di regressione lineare fra due serie di dati.
Fig.27.1b-Calcolodi regressione e correlazione con funzioni statisticheMathcadâ.
Poichènel caso di massima corrispondenza le due pendenze dovrebbero risultareinverse (una relativa all’asse xe l’altra relativa all’asse y), il massimo dirè uguale ad 1
Nel caso di indipendenza delle
due serie di dati, le relative rette di regressione risulterebbero
perpendicolari fra loro, quindirtenderebbe
a zero.
Il calcolo conMathcadâè facilitato dall'uso di
speciali funzioni statistiche, che corrispondono a importanti concetti e che
quindi meritano di essere approfonditi.
Oltre alla ben nota media
aritmetica ( mx = mean(x), in
Mathcadâ)è importante il concetto divarianza( var(x) ), che esprime la distribuzione dei dati attorno alla media ed è definita
appunto dalla sommatoria dei quadrati delle differenze di ciascun dato rispetto
alla media.
La radice quadrata della
varianzaesprime la ben notadeviazione
standard( stdev(x) ), valoreche ha
un particolare significato se la distribuzione dei dati è di tipogaussiano' (cioè con un andamento a forma
di campana attorno al valor medio), come normalmente assunto in fenomeni
casuali.
Quando si hanno due serie di
dati, come considerato nelleFig.27.1aeb, è anche importane il concetto dicovarianza( cvar(x,y)), che esprime la sommatoria dei prodotti
delle singole differenze dei dati rispetto alle relative medie (vediFig.27.1b, che riporta le singole funzioni
ed il loro sviluppo secondo le definizioni).
Va infine segnalato che se il
problema è limitato alla ricerca delle retta di regressione e alla valutazione
della correlazione, ilMathcadâdispone delle funzioni dirette, quindi è possibile utilizzare semplicenente slope(x,y),intercept(x,y)
ecorr(x,y)per ricavare
i rispettivi valori.
Se la relazione che lega le due
serie non fosse di tipo lineare, il Mathcadâ potrebbe ancora essere
utilizzato per valutare regressioni quadratiche (paraboliche) o cubiche, e
persinofunzioni generali predefinite.
Quello che però interessa più
strettamente l'elaborazione dei segnali è il caso in cui le coppie di
valorixneynsono valoririlevati al tempo tn(cioècontn = n·Dt ), caso in cuila correlazione assume
significati particolari.
LaFig.27.2mostrala generazione di due segnali impulsivi di
periodok1·Dt , con un
ritardodik2·Dtdel
secondo (y) rispetto al primo (x).
Se ora si fa la sommatoria dei
prodotti dei due segnali per ciascun intervallo di campionamentoed estesa ad un periodoM·Dt ,si
notaun massimo in corrispondenza
dik2.
Ciò significa che mediante la correlazione è possibile rilevare il ritardo fra
due forme d'onda simili.
Fig.27.2a-Principio della correlazione fra serie di dati temporali
Ovviamente il calcolo delle
sommatorie deve essere esteso ad un
periodo che comprenda il ritardo, ed il fatto che si considerino i prodotti dei
valori di entrambi i segnali (prodotti incrociati') dà il nome dicrosscorrelazione
a tale calcolo.
Si può osservare anche che se al
posto del secondo segnale si utilizzano i valori dello stesso, si ottiene un' autocorrelazione.Il risultato è che si ottiene il massimo in
corrispondenza del periodo del segnale stesso, cioèk1.
Queste semplici osservazioni sono
la base di importantissimeapplicazioni
nell'elaborazione dei segnali: basti pensare agli ecoscandagli, dove segnali
sonori permettono la misura dei fondali marini, ma anche ai radar, dove gli
echi di segnali elettromagnetici permettono la localizzazione di ostacoli,fino ai più recenti misuratori di velocità basti sui laser, ed ai localizzatori satellitari (GPS).
Fig.27.2b-Procedura alternativa di calcolo della
crosscorrelazione.
LaFig.27.2b riporta lo sviluppo dei calcoli necessari per trovare
l'andamento della crosscorrelazione, utilizzando le definizioni illustrate
nella Fig.27.1b.
Si deve però osservare che il
numero n di dati considerato èN-Me che la procedura è ripetuta perM volte, con l'indicem=0..M-1.
Quindi i primiN-Mdati dix vengono moltiplicatiper lo stesso numero di dati diy,
iniziando però la serie dall'm-esimodato.
Nel caso esaminato, data
l'uguaglianza diyrispetto adx (salvo il ritardo)risulta che la
crosscorrelazioneè massima (cxy = 1) in
corrispondenza dim = 3, cioè del ritardok2, come indicato dal grafico.
Se al posto diysimettessex , si avrebbe un'autocorrelazione e quindi risulterebbecxx =
1in corrispondenza dim = 7 , cioè del periodok1, come del resto già visto in linea di principio nellaFig.27.1b.
Osservando inFig.27.2b il calcolo della covarianza si
nota che lasua struttura è similea quella della convoluzione, quindi è spontaneo
pensare che questo procedimento (lunghe sommatorie di prodotti) possa essere
semplificato passando nel dominio delle frequenze, cioè utilizzando le
trasformate di Fourier.
Fig.27.3-Applicazione delle trasformate di
Fourier al calcolo di correlazione.
LaFig.27.3mostra questo
metodo, in cui vengono moltiplicati fra loro solo i singoli coefficienti delle
varie frequenze ( Xfe Yf
) per poi antitrasformare il risultato.
La correlazionecè poi rappresentata in un grafico in
funzione del ritardo rilevato fra le due serie: la scala di questo (rn)è funzione lineare del tempo, ed in questo
caso è stata ricavata empiricamente.
Per approfondire questo metodo,
che ha importanti applicazioni pratiche, è però opportuno introdurre i concetti
dipotenza
di un segnalee deglispettridipotenza.
Spettri di potenza (28)
Un segnale fisico comporta sempre un’energia che è definita come l’integrale nel tempo della sua potenza istantanea per tutta la durata del segnale stesso.
Mentre è abbastanza chiaro questo concetto applicato ad un segnale elettrico, non altrettanto potrebbe esserlo per altri tipi di segnali quali quelli acustici oppure quelli ottici ed elettromagnetici in generale.
Per affrontare il problema è quindi opportuno iniziare l’esame di un segnale elettrico sinusoidale, per poi estenderne le conclusioni a qualsiasi tipo.
Considerando un segnale di tensione alternata sinusoidale vt = V·sen(wt)applicato ad una resistenzaR,si avrà in ogni istantetuna corrente it=(V/R)·sen(wt),quindi la potenza in ogni istante saràpt = vt · it = (V2/R)·sen2(wt), che mediante identità trigonometriche
[1]può essere trasformata in
il che significa che la potenzaistantanea è data da un valore costante (prodotto della‘tensione efficace’V/Ö2per la‘corrente efficace’I/Ö2 = V/(R·Ö2) ), attorno al quale vi è un valore variabile con andamento cosinusoidale di uguale ampiezza ma di pulsazione doppiarispetto a quella del segnale.
Poiché in ogni periodo la media di questa potenza fluttuante è zero, si può concludere che ilvalor medio della potenza del segnale è uguale al solo prodotto dei valori efficaci, prodotto che viene definitopotenza attiva.
Se ora si considera lo stesso segnale applicato non più ad una semplice resistenza ma ad un circuito composto da una resistenzaRe da un condensatoreC in serie, il calcolo della corrente istantanea si complica essendo questa il risultato di un’equazione differenziale.
Dovremmo infatti esprimere la tensione ai capi del condensatore come
vct = vt -R· it
Pur essendo possibile la soluzione, ad esempio con il metodo di Laplace (vedi capitolo 7),si ritiene più intuitivo ricorrere alle differenze finite (come già visto al capitolo 16)per ottenere l’andamento diitin funzione di vt.
LaFig.28_1mostra il caso di un circuito con resistenza R = 25 Ohm e condensatore C = 800 mFarad in serie, alimentati da una tensione sinusoidalecon moduloV = 100 Volte frequenzaf = 2 Hz(quindi pulsazione w = 2pf = 4p).
Fig.28_1-Potenza in un segnale sinusoidale.
Applicando le differenze finite si ottengono gli andamenti della tensione v e della corrente i istantanee, come indicato dal grafico.
Il loro prodottoprappresenta la potenza istantanea ed ha un andamento sinusoidale però di frequenza doppia rispetto avedi, con una componente continua che rappresentala potenza attiva.
Se infatti si fa la mediadipin1 secondo(corrispondente aN·Dt e multiplo del periodo) si ottiene il valoredi questapotenza.
In elettrotecnicaè però più usato il metodo vettoriale,conVedIvettori nel piano complesso. In questo caso sono noti la tensione applicataVe l’impedenzaZ (pure complessa), da cui si può ricavareI.
Indicando conaebrispettivamente gli angoli del vettore tensione e del vettore corrente rispetto all’asse reale, può essere ricavata la loro differenza,tradizionalmente indicata comej.
La potenza attiva è allora espressa come prodotto dei valori efficaci
[2]
) della tensione e della corrente, moltiplicato percos(j).
Lo stesso valore può essere ottenuto per integrazione diretta del prodotto dei segnali nel tempo.
Si noti che ilvalore ricavato con i vettori differisce, anche se di poco, da quello ricavato come media diretta delle differenze finite: ciò è dovuto al transitorio causato dalla costante di tempo (se ne vede chiaramente l’effetto sull’andamento iniziale del grafico della corrente e della potenza), oltre che alle approssimazioni delle differenze finite.
Questa premessa ha lo scopo di introdurre al calcolo della potenza dei segnali periodici di qualsiasi forma che, come già ampiamente citato, possono essere espressi mediante serie di Fourier, quindi come somma di segnali sinusoidali.
Fig.28_2a-Potenzain segnali con armoniche.
Il problema è dunque quello di valutare l’andamento della potenza quando coesistano nel segnale più frequenze.
LaFig.28_2amostra il caso simile al precedente ma con l’aggiunta di una seconda armonica nel segnale di tensione, con ampiezza del 60% rispetto alla fondamentale.
La costante di tempo è stata inoltre ridotta (a 2.5 ms) per diminuire la sua influenza nel calcolo della potenza.
Fig.28_2b-Calcolo della potenza con le trasformate di Fourier.
LaFig.28_2b mostra l’applicazione delle trasformate di Fourier sui segnali di tensione e di corrente, con cui vengono ricavati il modulo e la fase di ogni vettore alle varie frequenze, per poi procedere al calcolo vettoriale della potenza.
Si noti che l’analisi è fatta suf=N/2, cioè512frequenze, ma in realtà nei segnali considerati sono presenti solo la fondamentale (2 Hz) e la sua seconda armonica (4 Hz), come si può constatare dal diagramma.
Il principio della sovrapposizione degli effetti, ricavare cioè la potenza come somma delle potenze calcolate per ogni singola frequenza, sembra contraddire la proprietà della convoluzione delle frequenze in corrispondenza dei prodotti dei segnali nel tempo (vedi alla fine del capitolo 6).
In realtà ciò è dovuto al fatto che l’integrale, esteso ad un periodo, del prodotto di una frequenza con frequenze sue multiple è uguale a zero, quindi la convoluzione si riduce in pratica alla somma dei prodotti dei termini di ugual frequenza.
Questo vale però solo per la parte ‘continua’ della potenza, mentre per la parte ‘fluttuante’ occorre tener conto di tutti i prodotti parziali derivanti dalla convoluzione delle frequenze di tensione per quelle di corrente.
LaFig.28.3amostra i calcoli relativi allo stesso circuito diFig.28.2, applicando però il metodo vettoriale. Ovviamente gli andamenti coincidono, mentre i singoli valori mostrano piccole differenze dovute al transitorio (i valori esenti dal transitorio, quindi più corretti, sono quelli diquest’ultima figura).
Dall’andamento della parte reale (attiva) della potenza, si è ricavato lo spettro che mostra la componenti continua e le armoniche a2, 4, 6 e 8 Hz.
NellaFig.28.3bqueste componenti sono calcolate come prodotti parziali di ciascuna tensione (1° indice) per ciascuna corrente (2° indice).
Nell’esempio considerato le 2 componenti di tensione (a 2 e 4 Hz), moltiplicate per le componenti di corrente danno luogo a 4 prodotti parziali che, opportunamente raggruppati, costituiscono i coefficienti delle varie armoniche della potenza.
Per capire questo sviluppo si deve ricorrere a identità trigonometriche (come già visto all’inizio del capitolo) per cui il prodotto di due sinusoidi di uguale argomento dà una componente continua ed una di frequenza doppia.
Quindi sen2(wt)=[1-cos(2wt)]/2esen2(2wt)=[1-cos(4wt)]/2
mentre
sen(wt)· sen(2wt)=[ cos(wt)-cos(3wt)]/2.
Ciò spiega [3]l’origine di tutte le armoniche della potenza.
LaFig.28.3briportainoltre le espressioni relative alla potenza attiva utilizzabili per ricavare l’andamento istantaneo di questa,nelle varie possibili forme:trigonometriche, vettoriali o in serie di Fourier.
Va tuttavia sottolineato che essendo nulla la media della potenza fluttuante, il valore della potenza attiva è determinato soltanto dalla componente continua, quindi funzione unicamente dei prodotti di frequenze uguali.
In praticalo spettro è quindi ricavato utilizzando solo queste ultime (ma ciò non permette più la ricostruzione dei valori istantanei della potenza).
Un’ulteriore osservazione è che se mancano le componenti reattive (cioè le correnti risultano ‘in fase’ con le tensioni, quindi il carico è puramente resistivo) i prodotti tensioni-correnti possono essere sostituiti da quadrati.
Infatti in tal casoP = V·I = V2/R = I2·R.
Fig.28.3b-Calcolo coefficienti dello spettro di potenza.
[1]
) Si ricorre alla combinazione delle seguenti identità :
cos2(x) + sen2(x) = 1ecos(2x) = cos2(x) - sen2(x)
per cui2sen2(x) = 1 - cos(2x)
[2]
) Si definisce valore efficace di un segnale sinusoidale il valore in corrente continuache dà luogo alla stessa dissipazione termica, ed è uguale al modulo divisoÖ2.
[3]
) Si considera qui il caso semplificato di correnti in fase con le rispettive tensioni.
Segnaliedisturbi(29)
Un segnale trasmesso a distanza è soggetto a disturbi che tendono a falsare il contenuto informativo del segnale stesso.
Senza indagare sulle cause di disturbo (che possono essereinterne alle apparecchiature che generano, trasmettono e ricevono il segnale, oppure esterne, dovute ad interferenze elettromagnetiche sul mezzo di supporto della trasmissione), si può dire che questo si presenta come una variazione casuale del valore istantaneo.
Finchè tale variazione è piccola rispetto all’entità dei valori istantanei del segnale, l’effetto può essere trascurato, ma in caso contrario si può giungere ad una deformazione che rende irriconoscibile (e quindi inutilizzabile)il segnale ricevuto.
Un importante problema delle telecomunicazioni è quindi quello di elaborare in ricezione il segnale disturbato in modo daestrarre da questo il segnale originario, e la tecnica numerica è particolarmente adattaa tale scopo.
Esaminando la distribuzione1) del disturbo, possono essere considerati due tipi: il primo è il cosiddettorumore bianco, che presenta una distribuzione uniforme del disturbo casuale, cioè ogni valore compreso entro limiti definiti (massimo positivo e minimo negativo) ha la stessa probabilità di verificarsi di qualsiasi altronella gamma.
Più realistico è però ilrumore gaussiano, che presenta una distribuzione a campana attorno al valore zero (più probabili valori piccoli rispetto a quelli grandi).
Nello studio sugli effetti dei disturbi verranno quindi utilizzati algoritmi di generazione del ‘rumore’ di entrambi i tipi.
LaFig. 29.1 esemplifica il caso di un segnale (sinusoide a 1 kHz, di ampiezza unitaria) disturbato da un ‘rumore bianco’ in percentuale variabile (%rum = 20, nell’esempio),che viene generato con la funzione ‘random’ (rnd(1), cioèvariabile casuale fra 0 e 1), opportunamente centrata (-0.5) e divisa per 100.
Avendo scelto come numero di campionamenti N = 4096 e come frequenza di campionamento fc = 10 kHz, risulta un periodo di osservazioneP = 409,6 ms.
Nella prima parte della figura (a), viene riportato il campionamento del segnale nei primi 10 ms (dove sono visibili 10 sinusoidi, campionate ciascuna in 10 punti e dove si nota la diversità delle sinusoidi dovuta al disturbo).
Fig. 29.1a-Generazioneedanalisi di un segnale ad1 kHzcon disturbo del20%.
Il segnale vene poi trasformato in spettro (S = fft(s))e ciascun modulo dellekfrequenze ottenute viene rappresentato in scala logaritmica.
Si noti a questo proposito che utilizzando il coefficiente 20 come moltiplicatore del logaritmo, si esegue il quadrato del segnale 2)quindi, per quanto visto nel capitolo precedente, si ha lo spettro della potenza.
L’osservazione riportata al fondo della fig.29.1a, consiglia l’utilizzo di una ‘finestra’ che faccia meglio risaltare i limiti delle frequenze che rappresentano il segnale, perisolarle da tutte le altre che rappresentano il ‘disturbo’.
Fig. 29.1b-Elaborazione del segnale precedente, per ricavarne ilrapportosegnale/disturbo.
Una finestra di Hamming (v. capitolo 11) applicata al segnale, risolve il problema della dispersione spettrale, come si può osservare nella fig.29.1b qui sopra.
Quindi la potenza totale (PT) è data dalla sommatoria delle frequenze di tutto lo spettro, mentre la potenza del segnale è ricavabile dalla sommatoria delle frequenze che‘spiccano’ decisamente dal valore medio.
Il grafico sotto lo spettro rappresenta lo stesso ingrandito nella zona dik(da405a415) ove è presente il segnale.
Si nota che la potenza è superiore a-40 dBperktra 408 e 412, al che corrispondono frequenze(fk = k / P) fra996.09e1005.86 Hz 3)
La potenza corrispondente al segnale è dunque la sommatoria del quadrato dei moduli entro questi limiti.
Un’ulteriore precisazione sul coefficiente moltiplicatore4/N, che è dovuto semplicemente al modo come ilMathCadâ dà il risultato della fft : in realtà ciò non sarebbe necessario perchè poi per il calcolo del rapporto segnale / disturbo si deve appunto fare un rapporto, quindi questo coefficiente si elimina 4) .
Il rapporto segnale / disturbo viene semplicemente ricavato dal rapporto fra la potenza del segnale (PS) e la differenza fra la potenza totale e quella del segnale (PT-PS, che è quindi la potenza attribuibile al rumore), rapporto poi espresso in dB.
Si osserva che la potenza totale del segnale disturbato potrebbe essere ricavata direttamente dalla sommatoria dei quadrati di s, divisa per il numero di campionamenti 5) , ma che l’analisi nel tempo non permetterebbe la distinzione fra segnale e disturbo, come fatto con lo spettro delle frequenze.
Fig. 29.1c-Ricostruzione del segnale con eliminazione del rumore
Ma l’analisi in frequenza consente di raggiungere un risultato pratico ancorapiù significativo: se riusciamo a separare il segnale dal rumore, possiamo eliminare quest’ultimo e ricostruire quindi il segnale senza il disturbo. LaFig. 29.1c mostra questa procedura sullo stesso segnale utilizzato per il calcolo del rapporto segnale/disturbo.
Le tecniche numeriche consentono però ancora di più: se il segnale trasmesso fosse sottocampionato, la sua ricostruzione in ricezione darebbe una serie di gradini che renderebbe evidente l’approssimazione. In questi casi si può ricorrere ad algoritmi di interpolazione, che permettono di migliorare notevolmente il segnale in ricezione.
Essenzialmente il principio utilizzato è l’allargamento dello spettro (che corrisponde ad un più fitto campionamento) con la semplice aggiunta di zeri nel tratto dalla massima frequenza originale alla nuova massima.
Per tener conto di questo allargamento, occorre però moltiplicare ogni modulo originale per un coefficiente correttore.
LaFig.29.2 indica un esempio di applicazione del metodo, in cui una frequenza (f=215 Hz) è campionata ogni millisecondo (cioè meno di 5 campionamenti nel periodo).
Con un allargamento dello spettro di ki volte (ki=4 nell’esempio), si ottiene un campionamento altrettante volte più fitto, quindi una ricostruzione più accurata.
L’ultimo grafico della figura mostra appunto il confronto fra la ricostruzione con lo spettro originale (x) e quella con lo spettro allargato (y).
Naturalmente è possibile anche l’operazione inversa, utile per restringere la banda in trasmissione: quest’ultima è chiamatadecimazione, in quanto toglie (cioè azzera) una parte dello spettro originale.
Come verrà illustrato nelle appendici, queste operazioni sono facilitate dalla disponibilità di apposite funzioni software che eseguono in modo formalmente semplice tutte le procedure necessarie.
Fig. 29.2-Esempio di interpolazione nella ricostruzione di un segnale sottocampionato.
1) In statistica si definiscedistribuzione l’andamento della probabilità che si verifichi un dato evento : ad es. lanciando un dado si ha la stessa probabilità (distribuzione uniforme) per tutti i numeri interi compresi fra 1 e 6, ma se il numero di dadi lanciati aumenta, la probabilità per i vari risultati è diversa.Più sono i dadi, più la distribuzione si avvicina ad una forma a campana (tipica della distribuzione gaussiana)
2)Il decibel (dB) è definito come 10·log(Pu / Pi), con Pu potenza in uscita e Pi potenza in ingresso. In questo caso si suppone Pi unitario e Pu = (segnale)2 , quindi si ha: 10·log(|S|2 ) = 20·log(|S|).
3) La frequenza fondamentale dello spettro è1/P, in questo caso essendo P=0.4096 sec si ha come fondamentale 2.44141..Hz, e tutte le altre sono multiple (k) di questa.
4) Il coefficiente permette tuttavia di valutare per altra via lo scadimento del segnale: teoricamente una frequenza di ampiezza unitaria ha una potenza di 0.5 (se il periodo di osservazione contenesse esattamente un numero intero di sinusoidi), mentre la potenza utile rilevata sul segnale disturbato risulta0.398.
5) Si osserva anche che la potenza del solo disturbo non è, come si potrebbe credere, legata semplicemente alla percentuale di rumore rispetto all’ampiezza del segnale: la distribuzione casuale uniforme fa risultare questa potenza decisamente più piccola. Infatti nel caso esaminato del 20% di rumore, tale potenza è ...............