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Abstract by lillo
Come ogni forma di vita intelligente, EY ha subito nel corso degli anni parecchie evoluzioni, la famiglia si è allargata, e i mezzi informatici a nostra disposizione hanno permesso al sito un salto di qualità non indifferente. Admin ben 10 anni fa, ha scritto un corso di elettrotecnica, un corso che ha cambiato il mio modo di studiare. Non ero ancora iscritto a EY quando mi trovai di fronte quelle pagine: chiare, concise, quasi ciniche, che chiarivano di clic in clic i miei atroci dubbi elettrotecnici. A distanza di 10 anni dalla loro stesura, durante una discussione del forum, ho percepito il desiderio di Admin di voler rivedere il corso, e redigerlo nuovamente utilizzando due dei più potenti mezzi adesso a disposizione del sito: LaTeX e FidocadJ. Per quel che mi riguarda sono loro, insieme a una serie di utenti d'elitè, a rendere EY unico. Sotto la linea guida del gran capo, eccovi riproposto il miglior corso virtuale di Elettrotecnica di Base che il web possa ospitare.
lillo, lo scrivano.
...e quello di admin
- Ovviamente l'aggettivo finale di lillo sul breve corso di Elettrotecnica che scrissi per una rivista dieci anni fa, è esagerato. Confesso però, e non poteva essere altrimenti, che ho molto gradito le sue parole e non nego che mi abbiano perfino procurato un'emozione.
- E' vero, da tempo desideravo riscriverlo, sia per miglioralo editorialmente correggendone errori, formali e non, emersi proprio leggendo i grandi Elettrotecnici ed Elettronici che ho la fortuna di ospitare in ElectroYou, sia per ampliarlo o almeno indicare strade per l'approfondimento dei concetti esposti. Qualcuno me l'aveva anche chiesto e pensavo di farne un e-book. Ma per varie ragioni non l'ho fatto, non ultima l'entusiasmo che decresce con l'età, la quale aumenta per contro il distacco da quello che si fa e induce anche un po' a sorridere di quel che si è fatto, con una fiducia, allora, che appare al più una delle tante illusioni.
- Voglio mettere in evidenza che lillo non si è limitato a fare lo scrivano; non ha solo messo in bella testo e disegni, ma lo ha arricchito, in particolar modo con i riferimenti per l'approfondimento dei concetti. Molti sono all'interno di questo stesso sito, nei blog o nel forum. Il numero di lavori ed interventi che giornalmente si aggiungono da ormai dieci anni, rende sempre più difficile sapere cosa è già stato detto, scritto o fatto. Lillo con la passione per l'elettrotecnica che lo distingue, e la meticolosa e paziente ricerca di un archeologo virtuale, riporta alla luce molti documenti utili.
- Sono dunque molto felice per la sua iniziativa, sia perché mi conforta sapere che quel semplice corso sia stato utile a qualcuno, sia per il miglioramento formale, gli approfondimenti e la funzione agglomerante dei documenti prodotti in EY di cui ha saputo dotarlo.
- Quindi, a nome di tutti quelli che troveranno utile il tuo sforzo, che seguirò: "Grazie, Lillo!"
Introduzione
Il corso di Elettrotecnica che inizia, si prefigge di indagare e spiegare, per utilizzarle con padronanza, le leggi che regolano il funzionamento dei circuiti elettrici. Nell' articolo d'esordio si esaminerà, con riflessioni fisiche e storiche, il percorso che ha determinato l'individuazione delle grandezze elettriche fondamentali: l'intensità di corrente e la tensione elettrica. Una chiara coscienza del loro significato fisico, è il presupposto per capire e scegliere, senza incertezze, le strade dell'analisi e della sintesi dei circuiti elettrici.
Riflessioni generali sui fenomeni fisici
Capire i fenomeni di un qualsiasi sistema fisico significa saperne interpretare le trasformazioni, e le ragioni di esse. Si tratta cioè di riuscire a distinguere ciò che appare effetto da ciò che può essere considerato causa, due parole che implicano una relazione, obiettivo dello studio. Gli effetti sono ciò cui i nostri sensi (o le loro estensioni) sono immediatamente sensibili: ad esempio il calore, la luce, le variazioni di posizione e di forma dei corpi nel tempo. Le cause che li producono sono, in un certo senso nascoste, ed il compito dello studioso è individuarle ed interpretarle legandole all'effetto. Il legame si sintetizza in formule matematiche, gli strumenti per creare modelli astratti dei sistemi fisici. Il modello matematico consente di prevedere l'evoluzione del sistema, cioè permette di determinare, sia qualitativamente che quantitativamente, gli effetti dell'azione di cause note. I confini tra causa ed effetto non sono però così netti: causa ed effetto si presentano sempre insieme, in un'unità inscindibile, ed il separarle è spesso una scelta, dovuta alle ragioni tecniche di un'utilizzazione pratica del fenomeno. Si pensi al campo elettromagnetico nel vuoto: in un punto dello spazio in cui esiste un campo elettrico variabile, c'è un campo magnetico variabile che produce un campo elettrico variabile che ....un susseguirsi infinito di cause che producono effetti che diventano cause, dove non si riconosce un inizio ed una fine. Il concetto che accomuna l'evolversi di ogni sistema fisico è l'energia. Un effetto è la manifestazione di un'energia, conseguenza a sua volta di una variazione d'energia di forma diversa. L'evoluzione di un sistema, la sua vita se vogliamo, è un continuo pulsare di trasformazioni e l'energia rinnova, in chiave moderna, il mito di Proteo, il dio marino dell'antica Grecia specializzato in qualsiasi metamorfosi: animale o fiamma o vento o acqua. E' curioso come spesso capiti di trovare immagini dei nostri concetti più evoluti nelle visioni fantastiche dell'antichità.
I fenomeni elettrici nella storia
Il tema del corso è l'elettrotecnica con le sue applicazioni. L'elettrotecnica studia ed interpreta, ai fini di una utilizzazione pratica, i fenomeni elettrici, cioè le manifestazioni energetiche associate a quella che è considerata l'intima natura della materia, cioè il suo essere composta di particelle elementari che interagiscono con forze repulsive se dello stesso tipo, attrattive in caso contrario. E' una constatazione antica l'esistenza di questa proprietà della materia. La prima volta fu notata strofinando l'ambra, una resina fossile di colore prevalente dal giallo miele al rosso granato. In latino il nome dell'ambra, direttamente derivato dal greco, è electrum. Ma per secoli il fenomeno non trovò serie e pratiche utilizzazioni. Finché Alessandro Volta (1745-1827), alla fine del XVIII secolo, costruì il primo generatore elettrico, la sua celebre pila. Il dispositivo era in grado di creare una distribuzione non uniforme di cariche elettriche presenti in un corpo, dando origine a forze capaci di produrre un movimento di cariche in una direzione preferenziale, mantenendolo nel tempo. Una possibilità che si dimostrò ben presto sorgente di effetti importanti che lasciavano presagire notevoli applicazioni pratiche. Effetti legati al movimento di cariche, che si manifestarono come sviluppo di calore nei corpi materiali in cui il movimento avveniva (effetto termico), ma soprattutto con interazioni inaspettate con un altro fenomeno fisico noto, il magnetismo (effetto magnetico). Ovviamente continuava ad essere presente il fenomeno elettrico di attrazione - repulsione tra le cariche (effetto elettrostatico), per il quale il fisico francese Ch. A.Coulomb (1736-1806) aveva già formulato la sua celebre legge, formalmente simile alla legge di gravitazione del grande Isaac Newton (1642-1727), la quale stabiliva che la forza di interazione tra le cariche agiva secondo la retta congiungente il loro baricentro, era proporzionale al prodotto delle cariche ed inversamente proporzionale al quadrato della distanza dei baricentri. Immediatamente iniziarono indagini sperimentali e costruzione di modelli teorici di interpretazione. Nel 1826 il fisico tedesco G.S. Ohm (1787-1854) enunciò la sua celebre legge per i conduttori, e già nel 1820 il fisico danese H.C. Oersted (1777-1851) studiava l'influenza del movimento di cariche sull'ago magnetico. Il fisico francese A.M. Ampere (1775-1836) elaborò in quegli anni una consistente teoria dell'effetto magnetico, che W.E. Weber (1804-1891) completò con un'impostazione newtoniana, mentre il grande fisico inglese M. Faraday (1791-1867) scopriva il modo di produrre un movimento di cariche per mezzo di un campo magnetico, inseguendo l'idea che se un movimento di cariche dava luogo a forze magnetiche, in un qualche modo le forze magnetiche avrebbero dovuto produrre un movimento di cariche. La sua celebre e fondamentale legge è del 1831. Infine sempre Faraday, con una sensibilità che la sua abilità di sperimentatore rendeva sempre più immaginifica ed acuta, distaccandosi dall'impostazione di Weber, cominciò a concepire il campo di forze come una realtà fisica concreta capace di trasmettere a distanza le interazioni tra i corpi. A partire da quest'idea poderosa, il fisico teorico scozzese J.C. Maxwell (1831-1879) riuscì ad elaborare, nel 1873, la sua teoria dinamica del campo elettromagnetico, mostrando che non solo un movimento di cariche materiali era in grado di produrre un campo magnetico, che non solo un campo magnetico variabile produceva un campo elettrico variabile, ma che anche un campo elettrico variabile dava origine ad un campo magnetico variabile. L'indagine conoscitiva dei fenomeni elettrici non si concluse, come ben sappiamo, con le intuizioni e le elaborazioni teoriche di Maxwell. Si può anzi affermare che da allora iniziò un vertiginoso sviluppo delle applicazioni, che è prepotentemente ancora davanti ai nostri occhi con tutte le implicazioni positive e gli inevitabili problemi.
Le unità di misura del SI
Ogni grandezza fisica ha un'unità di misura, cioè esiste una grandezza dello stesso tipo cui si è attribuito convenzionalmente il valore unitario. Il valore della grandezza non è altro che il numero che esprime quante unità occorrono per costruirla. L'insieme, universalmente adottato, delle grandezze assunte come unità di misura, è il sistema internazionale (SI). Le unità di misura indipendenti tra loro e la cui scelta è sostanzialmente arbitraria, sono dette fondamentali. Quelle che si ricavano dalle fondamentali, mediante le relazioni matematiche che descrivono i fenomeni fisici in cui le grandezze intervengono, si dicono derivate. Fondamentali sono il metro, m, il kilogrammo, kg, il secondo, s, l'ampere, A, il kelvin, K, la mole, mol, la candela, cd.
Tra le derivate ricordiamo l'unità di misura della forza, il newton, N prodotto di chilogrammo per metro diviso secondo al quadrato e dell'energia, il joule, J che è il prodotto di newton per metro:
.
L'unità di misura della carica elettrica nel SI è il coulomb, C, una grandezza concettualmente fondamentale, ma che nel sistema SI è derivata dall'ampere; infatti è definita come la quantità di carica trasportata in un secondo, dal flusso di corrente di un ampere.
La struttura della materia
Iniziamo allora l'indagine e la definizione delle grandezze descrittive dei fenomeni elettrici, dei modi grafici e letterali utilizzati per la loro rappresentazione matematica, delle relazioni che tra di esse intercorrono, con l'attenzione sempre rivolta alla loro matrice energetica. Quest'indagine non può che cominciare esaminando ciò che è alla base dello spazio reale: la materia.
In passato, quando la scienza non aveva i mezzi per dimostrare le tesi, i filosofi si sono combattuti nel dare le più svariate definizioni della stessa. Alcuni di loro ci sono anche andati vicino. Nella sua asserzione più generale è un aggregato di molecole, che a loro volta risultano essere un aggregato di atomi. Per molto tempo ci siamo fermati all'atomo, credendo che fosse il mattone ultimo della materia. E' stato ampliamente dimostrato, in modo sicuro ed inequivocabile, che l'atomo è ancora divisibile, in particelle ancora più piccole, dotate di massa, e di carica elettrica.
La carica elettrica è una grandezza fisica scalare, dotata di segno, ed è quantizzata, ovvero la possiamo trovare solo come multiplo intero della carica elementare, della quale parleremo in seguito.
Le cariche elettriche costituenti la materia, quindi, sono convenzionalmente distinte in positive e negative (non sono di nostro particolare interesse i neutroni, particelle prive di carica).
La più piccola carica esistente è detta carica elementare.
Le chiamiamo particelle per comodità, ma il senso che noi attribuiamo alla parola particella, non rispecchia la loro intima natura, come ormai ha dimostrato la meccanica quantistica, evidenziandone un'intrinseca ambiguità, in cui l'elettrone è un vero maestro: il dualismo onda-particella. Ma sono altri discorsi...
In definitiva abbiamo che l'atomo è formato da un nucleo di protoni e neutroni, attorno al quale "ruotano" o meglio fanno evoluzioni più o meno complesse, gli elettroni.
Questa rappresentazione è alquanto schematica, ma rende bene l'idea di quanto accade.
Quello che differenzia i vari elementi tra loro, è il numero di protoni, neutroni e elettroni che lo compongono.
Si parte dall'idrogeno, l'elemento più semplice, formato da un protone e un elettrone....si passa per il rame che ha 29 protoni (qui vi sono anche 29 neutroni), attorno al quale ruotano 29 elettroni... e così via.
Il numero di protoni è uguale al numero di elettroni negli atomi elettricamente neutri, e altro non è che il numero atomico.
E' in funzione del numero atomico, che i vari elementi si dispongono lungo la tavola periodica.
Uno sguardo veloce alle principali particelle subatomiche, e non solo.
Protoni
Particella subatomica con carica positiva. Si trova nel nucleo atomico assieme ai neutroni. Elettricamente parlando la sua carica è identica a quella dell'elettrone ma opposta in segno.
La massa del protone è:

A parte l'idrogeno, nel resto degli elementi, a far compagnia nel nucleo vi sono i neutroni, che restano legati ai protoni attraverso la cosiddetta forza forte.
E' stato definito anche il raggio classico del protone, il quale sembra però non avere alcun riscontro fisico, in quanto, le sue dimensioni variano in funzione delle forze che lo tengono assemblato.
Si stima un diametro di 1,6-1,5 femtometri (1 fm = 10-15 m).
Neutroni
Particella atomica che non ha carica elettrica. I neutroni sono contenuti nel nucleo di un atomo assieme ai protoni. I neutroni hanno massa uguale a quella dei protoni. Il numero totale dei neutroni e dei protoni negli atomi di un elemento ne determina la massa atomica.
Elettroni
La carica elementare dell'elettrone, convenzionalmente negativa, uguale in valore assoluto a quella del protone, convenzionalmente positiva, è pari a:

Possiamo raffigurarci gli elettroni come particelle che "ruotano" intorno al nucleo, i più esterni ad enormi distanze se rapportate al diametro del nucleo (decine di migliaia di volte maggiore), ma probabilmente, se li potessimo vedere, ci apparirebbero come una nebbia leggerissima che avvolge, in forme simmetriche e curiose (gli orbitali), il massiccio nucleo puntiforme.
Alla base della conduzione elettrica, fondamentale ruolo assumono gli elettroni degli orbitali più esterni.
La massa dell'elettrone è 1836 più piccola di quella del protone. Gli elettroni, pur avendo a disposizione praticamente la totalità dello spazio occupato dall'atomo, hanno una massa che è, in generale, molto meno di un due-millesimo della massa totale, se si tiene conto che nel nucleo, oltre ai protoni, ci sono i neutroni.
Eppure, questa specie di nulla, è il protagonista indiscusso dei fenomeni elettrici, e non solo di quelli.
Per approfondire:
- Il rapporto carica massa by asdf
Ioni
Vi sono particolari circostanze in cui gli elettroni più esterni si allontanino dal nucleo. Quando un atomo perde un elettrone, si trova ad avere, nel complesso, un eccesso di carica positiva, e questo è ovvio se si pensa che prima l'atomo era elettricamente neutro. Ecco uno ione.
Il numero di cariche negative perse definisce il tipo di ione (monovalente , bivalente...)
Il fenomeno che porta un atomo nello stato di ione è detto ionizzazione, ed è un fenomeno più comune di quanto si pensi.
E' importante accennare agli ioni, in quanto sono i portatori di carica nei gas.
Uno ione può essere positivo (quando perde un elettrone) ed è detto catione, ma anche negativo, e in tal caso prende il nome di anione
Gli atomi si possono aggregare in molecole, e l'aggregazione di atomi o di molecole dello stesso tipo è una sostanza. La struttura è un reticolo in cui gli atomi occupano i vertici ed i cui lati sono, in un certo senso, la materializzazione delle forze che li tengono uniti, poste in essere dalle interazioni elettroniche.
Per chiunque voglia approfondire sulla struttura della materia:
- I legami atomici by asdf
- La teoria VSEPR by asdf
Corrente ed intensità
In alcune sostanze (gli isolanti) nessun elettrone si sposta dal volume controllato dal nucleo; in altre invece, gli elettroni, che ne sono più distanti (elettroni di valenza, responsabili primari della formazione dei composti chimici) riescono a liberarsi dal vincolo che li lega ad esso, diffondendosi nel reticolo. Ciò avviene in quanto la configurazione energetica tracciata nello spazio dal reticolo atomico forma un avvallamento dove gli elettroni scivolano trovandovi libertà di movimento (la banda di valenza). L'insieme di questi elettroni liberi è come un gas. Il loro vagare attraverso il reticolo nella valle loro riservata, è rapidissimo e casuale, determinato dalla temperatura. In figura è mostrato come potrebbe apparire il reticolo di un conduttore (le "palline" sfumate sono gli elettroni liberi, i "palloncini" colorati gli orbitali degli elettroni che avvolgono il nucleo invisibile):
Questa specie di gas può essere messa in movimento in una direzione preferenziale, come il fluido in una tubazione. E' quel che riesce a fare il generatore elettrico, il quale non genera alcuna carica elettrica, ma crea un campo di forze che le sollecita conferendo loro l'energia potenziale che potrà trasformarsi in cinetica. Il generatore è paragonabile ad una pompa che mette in movimento le particelle di un fluido, senza crearle, come ben sappiamo. La posizione delle particelle di fluido nel campo gravitazionale, determina la loro energia potenziale che potrà divenire cinetica. Il ripristino dell'energia cinetica, trasformata ad esempio in calore e lavoro, è compito della pompa nel caso del fluido, del generatore per le cariche elettriche, i quali possono rifornirsi all'esterno dei rispettivi campi, che fungono, come dire?, da organi di trasmissione dell'energia.
Le sostanze che dispongono di elettroni liberi sono i metalli, ed è il movimento del loro insieme in una direzione determinata che chiamiamo corrente elettrica. Per questa possibilità i metalli sono detti conduttori. La corrente elettrica come insieme di cariche in movimento, fu una deduzione antecedente alla scoperta dell'elettrone, avvenuta nel 1897 con gli esperimenti di J.J. Thomson (1856-1940) sui raggi catodici. Si era già ipotizzato che fossero le cariche positive a spostarsi, e si assunse allora come verso della corrente quello del loro moto d'assieme. Gli elettroni però si muovono in senso opposto, ma il verso della corrente è stato mantenuto ed è stato chiamato verso convenzionale.
In alcune situazioni, quelle, tra l'altro, che hanno permesso la costruzione del primo generatore, ci sono cariche positive e negative che si muovono in senso opposto dando origine ad una corrente elettrica. Succede nelle soluzioni, dove la molecola di un sale (ad esempio il cloruro di sodio, NaCl) si scompone in ioni positivi (Na+) e ioni negativi (Cl-). Gli ioni, com'è stato già detto, sono atomi (o gruppi di atomi) che hanno una carenza di elettroni (ioni positivi) od un eccesso di elettroni (ioni negativi). Essi hanno perciò sempre una carica elettrica uguale o multipla della carica elementare ma, com'è facile intuire, una massa molto più grande.
Il movimento di un insieme di particelle qualsiasi, lo chiamiamo flusso, e può efficacemente essere descritto dal numero di particelle che attraversano una sezione di controllo. Si impone allora l'esigenza di definirne l'intensità, una grandezza dipendente dal numero di particelle transitanti e dalla loro velocità. E' così che prende forma il primo fondamentale concetto dell'elettrotecnica, quello di intensità di corrente.
In questo caso interessa il numero di particelle cariche, meglio ancora la quantità di elettricità da esse trasportata. Quantità di elettricità contiene una sottile distinzione rispetto a quantità di carica, sottolineando che i fenomeni elettrici che si osservano all'esterno di un volume occupato da cariche di segno opposto, sono dovuti alla somma algebrica dei loro valori.
L'intensità di corrente è allora definita come la quantità di elettricità che attraversa la sezione di controllo del flusso di cariche in un corpo nell'unità di tempo, cioè:

avendo indicato con t l'intervallo di tempo in cui la quantità di elettricità Q, è transitata attraverso la sezione.
Nel caso in cui, come succede nelle soluzioni elettrolitiche, transitino attraverso la sezione cariche di segno opposto in senso opposto, occorre fare la somma aritmetica dei loro valori assoluti. La somma algebrica andrebbe eseguita per cariche di segno opposto che si muovono nello stesso senso.
L'intensità di corrente è espressa da un numero relativo. Il valore assoluto è la sua misura in ampere che, come deducibile dalla precedente definizione, corrisponde a coulomb diviso secondo:

Il segno è riferito al verso convenzionale scelto preventivamente ed arbitrariamente per la corrente nel corpo in esame. Se positivo, significa che le cariche positive si muovono proprio secondo il verso prefissato o, ciò che è lo stesso, le cariche negative si muovono in senso opposto. Il contrario se il segno dell'intensità è negativo. Occorre ora ricordare che il campione di unità di misura assunto per le grandezze elettriche nel SI, è proprio l'ampere. Le ragioni risiedono nel fenomeno fisico di riferimento che è facilmente riproducibile in ogni attrezzato laboratorio. Si chiama ampere assoluto ed è definito come l'intensità di quella corrente che attraversando due fili paralleli di sezione trascurabile, di lunghezza teoricamente infinita, posti alla distanza di un metro nel vuoto, determina in essi una forza trasversale di attrazione (correnti equiverse) o di repulsione (correnti controverse) che, per ogni metro di lunghezza dei fili vale .
Si capisce allora perché il coulomb sia una grandezza derivata, chiamata ampere secondo, A s. Non sarà inutile ricordare che proprio un multiplo di questa grandezza è usato per definire la carica di una batteria per autoveicoli. Si parla in questo caso di amperora, A h, che corrispondono a , cioè
.
E' importante considerare anche l'intensità di corrente specifica detta densità di corrente. Essa è definita dal rapporto tra l'intensità di corrente e l'area della sezione di controllo perpendicolare al movimento delle cariche:

E' la grandezza che meglio ci informa sul grado di sollecitazione termica subito dal conduttore per il movimento di cariche. E' proporzionale al numero di elettroni liberi per unità di volume, alla loro comune velocità di spostamento (che è molto piccola: ordine di grandezza, mm/s !) , nonché alla carica dell'elettrone, e. Si ha:

Ad esempio per il rame il numero elettroni liberi per unità di volume (n), è:

quindi se in un conduttore la densità è di 10 A/mm2, la velocità delle cariche sarà:

Questo è interessante, infatti credenze popolari traggono in inganno, affermando che l'elettrone si muove alla velocità della luce. Nulla di più errato, come abbiamo appena visto. Ciò che va quasi alla velocità della luce è l'onda elettromagnetica, e l'energia ad essa associata. Ma questi sono altri discorsi.
Quanto descritto finora con parole che dovrebbero aiutare a comprendere il fenomeno visualizzandolo, come dire, agli occhi della mente, trova una sintesi grafica nel seguente modo:
dove la carica totale è la somma delle singole cariche:

e la corrente con l'ormai nota:

Il verso di percorrenza della corrente è convenzionale, infatti le seguenti rappresentazioni sono equivalenti:

Approfondimenti
Potenziale elettrico e tensione
La causa del possibile movimento di cariche è lo stato energetico da esse assunto nei diversi punti del corpo per l'azione del generatore.
Defininiamo potenziale elettrico di un punto l'energia che l'unità di carica positiva possiede quando si trova in quel punto.
L'unità di misura del potenziale è allora il joule diviso coulomb e si chiama volt, in onore dell'inventore del primo generatore:

Ciò che conta all'interno del corpo, non è il valore assoluto dell'energia posseduta dall'unità di carica, ma il suo valore relativo rispetto ad un punto del corpo, chiamato riferimento, cui convenzionalmente si attribuisce il potenziale zero.
Gli effetti elettrici, quindi l'intensità di corrente dove sono presenti cariche libere, sono determinati dalle differenze di potenziale tra due punti.
Per questo la differenza di potenziale tra due punti A e B (d.d.p) è detta anche tensione elettrica, e viene indicata con UAB, definita come la differenza tra il potenziale del punto A e il potenziale del punto B.

L'unità di misura della tensione è il volt, V.
E' evidente che ora possiamo definire il potenziale di un punto come la differenza tra il potenziale del punto e quello del riferimento.
Il potenziale nei diversi punti di un corpo è da attribuire all'azione del generatore.
- Nota: si è usata la lettera U per rendere più evidente la distinzione tra il potenziale di un punto, per il cui simbolo si usa qui la lettera V e la tensione tra due punti. E' una notazione usata negli impianti elettrici.
Si definisce forza elettromotrice (f.e.m.) di un generatore la totale quantità di energia da esso fornita all'unità di carica positiva che transita attraverso di esso.
Il simbolo comunemente usato è E. Si misura, ovviamente ancora in volt, per cui il nome di forza non deve trarre in inganno. La f.e.m. non è una forza fisica (che si misura in newton) ma una energia specifica. Essa crea un campo di forze che può essere considerato il serbatoio dell' energia elettrica allo stato potenziale.
- Nota: qualcuno suggerisce di evitare l'uso di forza elettromotrice per il suo equivoco nome in relazione all'unità di misura, e di usare semplicemente tensione. La tradizione per f.e.m. è però molto radicata e permette immediatamente di capire che ci si riferisce alla tensione che il generatore è in grado di produrre a vuoto. A carico, come si vedrà per i generatori reali, la tensione è diversa, minore quando le grandezze sono costanti nel tempo, cioè continue.
Lo schema che segue sintetizza rapidamente quanto detto, e introduce i simboli grafici più utilizzati nelle rappresentazioni dei circuiti:
Data l'ambiguità nell'utilizzo dei termini quali massa, terra o riferimento, il seguente approfondimento chiarirà meglio le idee:
- Terra, massa e riferimento by IsidoroKZ
Potenza elettrica
La potenza di un sistema è l'energia che esso trasforma nell'unità di tempo. Molte macchine possono fare lo stesso lavoro, ma la macchina che lo fa in meno tempo è più potente. La potenza serve quindi a caratterizzare una macchina. Il lavoro corrisponde alla variazione di energia del sistema. E' abbastanza agevole trovare l'espressione della potenza elettrica, che non è un nuovo tipo di potenza, ma la potenza nella sua accezione generale espressa in termini di grandezze elettriche. Quando una carica Q positiva si sposta tra due punti, se indichiamo con U la tensione tra di essi, il lavoro fatto dalla carica è, per definizione di tensione:

Se il lavoro è eseguito nell'intervallo di tempo t, la potenza, per definizione, è data da:

ma è l'espressione della corrente I, quindi ricaviamo:

Sia U che I sono grandezze algebriche e il loro segno va riferito alla convenzione adottata per la loro rappresentazione. Anche la potenza ha dunque un segno che va riferito ad un verso che indica il flusso di energia. Il verso di riferimento del flusso di energia è quello che ha l'intensità di corrente nel punto a potenziale più alto. La sua unità di misura è il watt, W,che corrisponde al joule diviso secondo:

Il kilowattora, kWh, è un'unità di energia (non di potenza!, come a volte si sente dire nei media di massa) in pratica molto usata: esso corrisponde all'energia di una macchina della potenza di che funziona per un'ora.
La seguente figura sintetizza il concetto sopra esposto:
Propongo la lettura di interessantissimo articolo:
- Le forme dell'energia by admin
Strumenti di misura
L'intensità di corrente si misura con l'amperometro, uno strumento con due terminali che deve essere attraversato dalla corrente, il cui verso convenzionale deve entrare dal morsetto contrassegnato per fornire una indicazione positiva. L'amperometro ideale ha una tensione nulla tra i suoi terminali (UA=0).
La tensione si misura con il voltmetro, uno strumento con due terminali che devono essere collegati ai punti di cui si vuol sapere la d.d.p. Per dare una indicazione positiva il punto a potenziale più alto deve corrispondere al morsetto contrassegnato. Il voltmetro ideale non è attraversato da corrente (IV=0.
La potenza si misura con il wattmetro un quadripolo composto da un bipolo amperometrico ed uno voltmetrico. E' ideale se amperometrica e voltmetrica sono ideali.
Conclusioni
All'interno di ogni sistema elettrico esiste un equilibrio dinamico tra l'energia di posizione delle cariche (potenziale, tensione) e l'energia di movimento (cinetica, corrente) mentre esso scambia energia con l'esterno (generatori ed utilizzatori con l'inevitabile produzione di energia termica).
L'Elettrotecnica studia come produrre scambi energetici nella forma desiderata stabilendo gli equilibri interni al sistema. Per farlo è necessario conoscere il comportamento elettrico di ogni componente del sistema. Ciò significa trovare il legame tra l'intensità di corrente che fluisce tra due punti per l'azione della tensione tra di essi e la tensione stessa; in pratica esplicitare la funzione

per ogni di componente, che, proprio perché la tensione coinvolge due punti (poli), si chiama bipolo. Quanto sopra sarà oggetto degli articoli che seguiranno.