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I confini della responsabilità dell'installatore

Succede molto spesso di dover interpretare fin dove un installatore di impianti elettrici sia responsbile, su quale sia il confine certo.
In un impianto elettrico classico il limite può essere semplicemente delimitato alla presa di corrente, tutti i circuiti di alimentazione della presa sono a carico dell'installatore di impianti elettrici.
Nei casi invece in cui non si possa installare una presa di corrente come possiamo fare a definire questo confine?
Come possiamo cercare di creare una linea di demarcazione?
Se si dovesse alimentare il quadro di una macchina di potenza pari a 100kW, sicuramente non si potrà utilizzare una connessione presa-spina, ma si dovrà alimantare la macchina direttamente tramite la connessione del cavo di sezione 70mmq sulla morsettiera del quadro macchina.
Ma chiè il responsabile di questa connessione?
L'installatore di impianti elettrici?
Il costruttore della macchina?

Fondamentale sarà incaricare qualcuno che si possa prendere questo onere, nel computo metrico che il progettista andarà a produrre, si dovrà inserire una voce nella quale si incaricherà, per esempio, l'installatore di impianti ad eseguire questa connessione a regola d'arte.
Una volta allacciata la macchina se questa connessione dovesse generare un problema, un principio d'incendio, un guasto sapremo immediataente a chi rivolgerci.
Un altro teme di cui vogli parlare è il confine della reponsabilità della certificazione degli impianti.
Prendiamo in esame questo esempio, centrale termica in un edificio.

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In base al D.M.37/08 art.1 ci sarà l'impianto elettrico a servizio del locale centrale termica, impianto che dovrà essere progettato da un libero professionista (in base all'art.5 del D.M.37/08 se oltre certi valori).
il libero professionista "elettrico" progetterà la linea di alimentazione la relativa protezione a monte della linea, la distribuzione luce e forza dentro il locale centra termica, per riassumere tutto l'impianto elettrico a servizio del locale.
Questo impianto dovrà successivamente essere realizzato da un installatore di impianti elettrici che sia in possesso dei requisiti tecnico-professionali, D.M.37/08 art.1 lettera a) e b), ed al termine dei lavori dovrà produrre la dichiarazione di conformità con gli allegati obbligatori.
Ma dentro il locale centrale termica c'è un'altra parte elettrica, ci sono le alimentazioni delle apparecchiature elettriche presenti, la pompa di calore, la resistenza del bollitore, il recuperatore di calore, ecc.,questi collegamenti, queste condutture che le posa? chi le deve ecrtificare? a che parte di impianti fanno capo?
Ci chiediamo, è un impianto elettrico a servizio dell'edificio che quindi dovrà essere certificato dall'installatore di impianti elettrici?
Direi proprio no, e quindi cos'è?
Quell'impianto fa parte delle alimentazioni di apparecchiature che vengono progettate dal termotecnico e posare dall'idraulico, percui possiamo dire che è la parte elettrica dell'impianto idraulico che quindi dovrà certificare l'installatore in possesso delle lettere c) d) e) del D.M.37/08.
Il problema è che tanti ditte di impianti odraulici non svolgono mai questa parte elettrica, si affidano quasi sempre ad un installatore di impianti elettrici, e quindi come possiamo certificare questi impianti in maniera corretta?
Per riassumere, al termine dei lavori si dovrà ricevere la dichiarazione di conformità dell'installatore di impianti elettrici per certificare l'impianto elettrico a servizio dell'edificio.
Si dovrà ricevere la dichiarazione di conformità dell'idraulico per certificare l'impianto idraulico a servizio dell'edifcio il quale allegherà alla sua dichiarazione di conformità una dichiarazione di corretta posa a regola d'arte in base alla legge 186/68 prodotta dall'elettricista che ha eseguito la parte elettricca dell'impianto idraulico, nel caso che questa parte sia stata eseguita non dalla ditta di impianti idraulici.

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Commenti e note

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di ,

Per quello che ho visto negli impianti civili di case private, le ditte idrauliche più strutturate ed organizzate hanno un elettricista alle loro dipendenze che cura i collegamenti della parte elettrica dell'impianto idraulico, quelle più piccole in genere si accordano con l'elettricista che installa il resto dell'impianto. A casa mia la ditta idraulica ha effettuato anche tutti i collegamenti nel locale caldaia, la diatriba è nata sul collegamento dei termostati ambiente e delle valvoline di zona (in casa ci sono 3 cassette di distribuzione del riscaldamento a pavimento, una per ogni piano): secondo l'idraulico doveva collegarle l'elettricista, secondo l'elettricista era lavoro di competenza dell'idraulico.

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di ,

Impianto "a servizio" dell'impianto di riscaldamento. Ne avevamo già parlato e, dopo una mia iniziale obiezione, avevo convenuto che hai ragione, secondo il DM 37/2008 dovrebbe essere dichiarato conforme dall'idraulico. Purtroppo la prassi è che l'idraulico fornisce uno scatolone di componenti, lo lascia sul pavimento e poi tocca all'elettricista completare l'opera facendosi pagare la manodopera e lasciando il guadagno sulla fornitura all'idraulico. Quello sulla responsabilità in caso di installazione difforme dalla norma è un discorso complicato: in caso di incidente credo che il giudice abbia la tendenza a condannare tutti. Il professor Carrescia sosteneva che dipende da quanto è evidente la difformità, se è alla portata di comprensione dell'installatore questi è corresponsabile, in caso contrario no. Esempio se il progetto omette i differenziali l'elettricista "non può non sapere" e va ingabbiato; se il progetto indica una sezione insufficiente per un cavo "complicato" per installazione e per numero di circuiti ravvicinati è assolvibile. Ovvio che se nel progetto c'è un circuito prese con interruttore da 63 A e sezione 1,5 mm² il discorso cambia.

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di ,

L'installatore agisce sulla base di quanto elaborato dal progettista, se questo redige un elaborato con errori rispetto alla normativa di riferimento, si tratta di un impianto "pensato male". La colpa non può quindi ricadere sull'installatore, che lo può aver realizzato coerentemente al progetto, ed eseguendo dal punto di vista pratico una realizzazione impeccabile. Se egli avrà le competenze per accorgersi dell'errore, lo farà notare al progettista, altrimenti lo realizzerà così come concepito. Potenzialmente in caso di gravi carenze, la colpa potrebbe essere di entrambi.

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di ,

Ti ringrazio Max per il tuo commento che ho letto e quasi tutto condiviso. Una parte molto importante che volevo sottolineare è la responsabilità direi eccessiva che vien data all'installatore in termini di realizzazione dell'impianto, mi spiego con un esempio, impianto rivelazione fumi, il progettista elabora un progetto inserendo un numero di rivelatori, pulsanti e sirene non corretto (succede nel 90% dei progetti), l'installatore segue alla lettera il progetto e realizza l'impianto. Alla fine del lavoro deve redigere la dichiarazione di conformità alla regola dell'arte e, tra le altre cose, inserisce nella casella apposita la norma di riferimento che ha usato per costruire l'impianto, la UNI 9795 ed.2013, ed il riferimento al progetto ed al progesstista che hanno elaborato il documento (che è sbagliato nel rispetto della norma). Siamo quindi davanti ad una incogruenza, a chi diamo la colpa nel caso di malanno, incendio, infortunio, verifica tecnica ecc.?

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di ,

Buona sera Franco complimenti per l'esposizione che fa sintesi di 30 anni di richieste di pareri e delucidazioni che si riprendono sempre uguali dalle fasi preliminari della legge 46/90 ad oggi. Sulla base dell'esperienza della legge 46/90, direi che il D.lgs 37/08 ha fatto notevoli passi avanti anche se non ha voluto affrontare in modo esplicito alcuni temi che, già presenti nella l. 46/90, hanno sempre sollevato perplessità da parte di chi oltre alla lettura del contenuto esposto, si ostina a leggere tra le righe le motivazioni che giustificano la famosa frase "secondo me" applicata a diversi ambiti commerciali di opportunità, di concorrenza ecc. che poco hanno a che fare con la sicurezza e la regola dell'arte. il primo punto è l'obbligatorietà del progetto. Mi chiedo; è possibile costruire qualche cosa senza prima averlo pensato dimensionato, preventivato in una parola progettato? se abbiamo risposto no, allora perché ci si ostina a dire che non serve il progetto anche sotto i limiti dimensionali indicati sia nella l.46/90 che nel D.lgs.37/08. Che cosa non vi è di chiaro? Il secondo punto è la progettazione a cura di un professionista abilitato. La redazione a firma di professionista è una assunzione diretta di responsabilità richiesta dallo stato che come noto non riconosce al privato cittadino competenze in materia tecnica, di salute e di autodifesa. Quindi la presenza del professionista è una questione primariamente di rappresentanza che viene affidata a persone che in possesso di uno specifico titolo di studio, abilitazione professionale e iscrizione ad un ordine, espletano una funzione propria di tecnico progettista a cui competono funzioni e responsabilità che nulla hanno a che vedere con la corretta posa a regola d'arte ovvero ad una corretto utilizzo dell'impianto. Da qui la definizione delle tre responsabilità, Progetto (progettista), realizzazione (installatore), utilizzo (committente), accennate dalla legge 46/90 e definite in modo univoco dal D.lgs. 37/08. Anche in questo caso la mancanza di chiarezza inizia a sussistere quando ciascuna delle tre figure non compie correttamente il proprio compito ovvero ritiene di muoversi in autonomia accampando il possesso di titoli che gli consentono un servizio di tuttologo, cosa che la regola dell'arte escluderebbe a priori, identificando nello specifico, compiti, responsabilità e tutele per ciascuno dei tre ambiti citati. Il terzo punto riguarda l'applicazione del contenuto legislativo e l'attribuzione delle responsabilità. Al progettista compete la fase dimensionale e delle scelte merceologiche che ne conseguono, unitamente se richiesta alla valorizzazione delle opere da compiere in termini di stima. All'installatore compete la preventivazione delle opere da eseguire, la corretta posa in opera di quanto previsto in progetto e la relativa verifica funzionale ai fini della sicurezza, nel rispetto delle condizioni contrattuali e di quanto pattuito in sede di offerta. Al committente compete l'acquisto del bene richiesto e il corretto utilizzo nei limiti dimensionali fissati dal progetto. Anche in questo caso mi pare tutto abbastanza chiaro, al netto del fatto che spesso vengono redatti progetti che potremmo definire "carta straccia" ovvero installazioni che hanno prima di tutto un contesto speculativo coincidente nel non fornire mai quanto richiesto ma nel creare alternative economicamente più vantaggiose per l'installatore, il tutto condito da una posa in opera commovente a causa della necessità di risparmiare anche sui tempi d'installazione e sulla qualifica delle maestranze, da ultimo l'utilizzatore che a fronte d una richiesta contenuta pretende risultanti strabilianti. In questo caos ovviamente tutto diventa nebuloso, ma non per colpa del D.lgs. 37/08. Quarto punto dubbio sono i confini delle opere. Quanto è impianto non è macchina e quanto è macchina anche se accessoriata con impianti di bordo non è impianto. A partire dalle direttive europee il confine dei due ambiti è netto in quanto l'impianto è a servizio della macchina e la macchina a prescindere dalla sua estensione e complessità è un elemento a se stante definito utilizzatore. Tutto questo vale a prescindere dal fatto che in una macchina vi sia installato un quadro elettrico o una rete di conduttori installati da un elettricista, da qui l'esclusione delle macchine dal D.lgs. 37/08. Il fatto che la macchina sia alimentata da un cavo proprio dotato di spina che colloca il punto di confine con l'impianto nella presa, ovvero abbia la necessità di una connessione fissa anche in media tensione, che estende l'impianto fino alla morsettiera predisposta dal costruttore quale punto di alimentazione, poco importa, si hanno semplicemente modi diversi di connessioni dati dai criteri installativi e fissati dal costruttore della macchina stesa nel suo manuale di uso e manutenzione prescritto dalla marcatura CE, a cui l'impiantista dovrà attenersi per una corretta installazione "a regola d'arte " in applicazione del D.lgs. 37/08. Da ultimo il gioco dei subappalti che in Italia è caratteristico di una realtà artigianale composta da tantissime micro imprese. Il D.lgs. 37/08 ribadisce in modo univoco che ciascuno deve operare nell'ambito della propria competenza, sancito non dalla destrezza del fare, ma dal contenuto del certificato camerale. Le categorie A, B, c ..... G definiscono ambiti ben precisi, con professionalità specifiche che caratterizzano figure professionali richieste alle imprese che non le rendono universali, ma specialistiche. Il caso della centrale termica acquisita come incarico dall'idraulico (cat. C, D, E), può benissimo essere resa oggetto di subappalto all'elettricista (cat. A e B) purché il committente ne sia consapevole e concorde, ma in sede di certificazione, ciascuno dovrà rilasciare in forma diretta la propria dichiarazione di conformità con assunzione diretta di responsabilità in merito a quanto eseguito. Anche in questo caso la cosa si complica quando imprese (es. imprese edili) in possesso di tutte le categorie, intendono subappaltare le singole lavorazioni per motivi economici, di opportunità ecc. In questo caso il parere espresso nelle tante interpellanze fatte dalle CCIA prevedeva il fatto che a fronte di un'unica dichiarazione di conformità risultassero allegate ovvero depositate presso la ditta capofila le dichiarazioni di conformità dei singoli subappaltatori. Confidando nel fatto che queste righe abbiano contribuito a fare un po' più di chiarezza. Saluti

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di ,

Grazie per i chiarimenti

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