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Premessa
La scrittura di questo articolo nasce dalla lettura delle pagine del libro Fisica 2. Elettromagnetismo - ottica, di David Halliday e Robert Resnick, relative alla velocità della luce e anche dall'indubbio fascino che esercita un argomento del genere sugli studenti e non solo.
Ho deciso quindi di proporre agli utenti di ElectroYou questo articolo in cui ripropongo quanto letto sul libro cercando anche di ripercorrere le "modalità" che gli studiosi del passato hanno impiegato ed introdotto per la misurazione della luce.
Il tutto sarà preceduto da una breve trattazione riguardante la definizione di luce e parleremo di come la luce trasporta energia.
Spero come sempre di scrivere un articolo che possa essere interessante e gradito a tutti gli utenti.
Buona lettura.
La luce e lo spettro elettromagnetico
La luce è una componente del cosiddetto spettro elettromagnetico.
Queste onde elettromagnetiche hanno la stessa velocità c nel vuoto, differiscono tra di loro per la lunghezza d'onda e quindi per le frequenza. Ciò vuol dire che le sorgenti dalle quali originano e gli strumenti impiegati per misurarle sono diversi tra loro.
Lo spettro elettromagnetico, ritratto nella figura sovrastante, non ha limiti inferiori né superiori e le regioni contrassegnate nella figura stessa, scelta come esempio, sono in realtà degli intervalli di frequenza per i quali esiste un insieme comune di tecniche sperimentali. Inoltre le varie regioni sovrappongono ed è quindi possibile, ad esempio, produrre radiazioni di lunghezza d'onda pari a 10 − 7 metri adoperando la tecnica delle microonde (oscillatori per microonde) o dell'infrarosso (ci riferiamo alle sorgenti incandescenti)...
Ma..."torniamo alla luce".
La luce è in sostanza la radiazione che può essere rivelata dall'occhio.
La seguente figura mostra la sensibilità dei tre tipi di coni retinici (dell'occhio umano) alle diverse lunghezze d’onda della luce:
Si vede che il centro della regione visibile corrisponde a circa

Luce con questa lunghezza d'onda produce la sensazione di giallo-verde.
Nell'ottica la lunghezza d'onda è spesso espressa in:
micron | μ | 1μ = 10-6 metri |
millimicron | mμ | 1mμ = 10-9 metri |
Angstrom | Å | 1Å = 10-10 metri |
I limiti dello spettro del visibile non sono ben definiti poiché la curva di sensibilità dell'occhio umano si avvicina asintoticamente sia per le lunghezza d'onda lunghe che per quelle corte.
Energia: il vettore di Poynting
Tra le caratteristiche di un'onda elettromagnetica vi è quella per la quale l'onda stessa è in grado di trasportare energia da punto a punto.
L'energia trasportata nell'unità di tempo per unità di area in un'onda elettromagnetica piana è descrivibile tramite un vettore, indicato con S, detto vettore di Poynting, dal nome del fisico britannico John Henry Poynting, che ne segnalò le proprietà per primo.
Il vettore S è definito nel modo che segue:

L'unità di misura di nel sistema SI è il W / m2 e la sua direzione fornisce in pratica la direzione in cui si muove l'energia. I valori di
e
sono quelli assunti nell'istante e nel punto considerati.
Per una trattazione più ampia e completa del vettore di Poynting vi segnalo l'articolo di admin intitolato Facciamo il Poynting della trasmissione.
Proviamo ora a ricavare la relazione del vettore di Poynting nel caso specifico di un'onda piana, come nella figura che segue.
In essa è mostrata la sezione di un'onda piana ed una sottile "scatola" di spessore dx e di area A. La scatola, che è una costruzione matematica, è fissa rispetto agli assi mentre è attraversata dall'onda.
Il rettangolo tratteggiato è una scatola tridimensionale di area A e spessore dx.)
Prendiamo in considerazione le seguenti equazioni:


La prima equazione esprime l'energia immagazzinata nel campo elettrico E ed afferma che se in un punto dello spazio esiste un campo elettrico E, si può pensare che in quel punto sia immagazzinata energia nella misura di per unità di volume.
La seconda equazione esprime la densità di energia immagazzinata in qualunque punto (nel vuoto o, con buona approssimazione, in sostanze non ferrmagnetiche) dove l'induzione magnetica è B.
Ad ogni istante l'energia contenuta nella scatola, è:


dove Adx è il volume della scatola ed E e B sono i valori istantanei dei vettori di campo nella scatola.
Teniamo ora in considerazione la relazione:

che evidenzia che la velocità c dell'onda è pari al rapporto delle ampiezze delle componenti elettrica e magnetica dell'onda.
Useremo questa equazione per "eliminare" uno degli E nel primo termine dell'equazione (1) ed uno dei B nel secondo termine, ottenendo quindi:


e poiché dalla relazione:

si ha che:

si arriva a:

Questa energia dU passerà attraverso la superficie di destra della scatola in un tempo dt uguale a dx / c. L'energia per unità di area e di tempo, che è S, è data da:

allo stesso modo di quanto è previsto dall'equazione generale (0).
Tale relazione si riferisce ai valori di S,E e B a qualunque istante.
La velocità della luce: vicissitudini di alcuni studiosi
Tanti, in passato, e tuttora, hanno riservato nei loro studi uno "spazio" alla questione della velocità della luce.
Galileo Galilei se lo chiese e cercò, in via sperimentale, di dare una risposta a questa domanda.
Una delle sue opere fondamentali, il Discorso intorno a due nuove scienze (visionabile al seguente indirizzo: http://www.fmboschetto.it/didattica/DimostrazioniMatematiche.pdf),
fu scritto in forma di conversazione tra tre personaggi fittizi:
- Salviati;
- Sagredo;
- Simplicio.
Riportiamo di seguito uno stralcio tratto dalla loro conversazione circa la velocità della luce:
Sagredo, che in realtà rappresenta lo stesso Galileo, descrive quindi un possibile metodo per misurare la velocità della luce. Egli ed un discepolo si misero di fronte ad una certa distanza l'uno dall'altro, di notte, portando ciascuno una lanterna che potesse venire coperta o scoperta a seconda delle necessità.
Galileo inizio l'esperimento scoprendo la sua lanterna. Quando la luce raggiunse il discepolo quest'ultimo scoprì la sua lanterna in modo tale che Galileo potesse vederne la luce. Galileo tentò di misurare il tempo fra l'istante nel quale aveva scoperto la lanterna e quello in cui era stato raggiunto dalla luce della lanterna del suo discepolo. Per la distanza di un miglio ora noi sappiamo che il tempo di andata e ritorno sarebbe soltanto

molto più breve cioè dei tempi di reazione umana; quindi il metodo non può avere successo.
Va detto che per poter misurare direttamente una velocità elevata è necessario misurare un piccolo intervallo di tempo o fare uso di una lunga linea di base.
Questa situazione suggerisce che l'astronomia, in cui intervengono delle grandi distanze, dovrebbe essere in grado di fornire un valore sperimentale della velocità della luce, cosa che peraltro si è rivelata veritiera.
Nonostante sia desiderabile misurare il tempo occorso alla luce per percorrere la distanza che separa il Sole dalla Terra, non è dato sapere quando la luce, che ha raggiunto la Terra in un determinato istante, ha lasciato il Sole. Servono metodi astronomici più sottili.
Però la luna emette impulsi di microonde in maniera abbastanza regolare.
In questo modo ci è fornita una linea di base di :

(andata e ritorno).
La velocità della luce è ora così ben nota da altri esperimenti che queste misure sono usate per misurare in maniera precisa la distanza della Luna. Segnali di microonde sono stati riflessi inoltre anche da Venere.
Torniamo ai nostri cari studiosi.
Nel 1675 Ole Rømer, astronomo danese che lavorava a Parigi, compì alcune osservazioni delle lune di Giove dalle quali si può dedurre un valore di

per la velocità della luce.
All'incirca cinquanta anni dopo l'astronomo inglese James Bradley eseguì delle osservazioni astronomiche di tipologia diversa e dedusse un valore di

Nel 1849 Hippolyte Louise Fizeau misurò per primo la velocità della luce con un metodo non astronomico ed ottenne un risultato di

La figura che segue mostra schematicamente l'apparecchiatura utilizzata da Fizeau per il suo esperimento.
Ignoriamo inizialmente la ruota dentata.
La luce della sorgente S viene fatta convergere dalla lente L1, è riflessa dallo specchio M1 e forma un'immagine della sorgente stessa in F.
Lo specchio M1 è uno specchio semiargentato ed il suo rivestimento riflettente è tale che solo metà della luce che cade su di esso è riflessa, mentre l'altra metà è trasmessa.
La luce dell'immagine in F entra nella lente L2 ed emerge sotto forma di fascio parallelo. Dopo aver attraversato la lente L3 è riflessa indietro lungo la sua direzione iniziale dallo specchio M2. Nell'esperimento di Fizeau la distanza l tra M2 ed F era di 8630 metri.
Quando la luce nel percorso di ritorno colpisce lo specchio M1, una parte di essa verrà trasmessa ed entra nell'occhio dell'osservatore tramite la lente L4.
L'osservatore osserverà un'immagine dalla sorgente che è formata dalla luce che ha percorso una distanza pari a 2l, dalla ruota allo specchio M2 nei due versi.
Al fine di cronometrare il passaggio del fascio di luce è necessario introdurvi una specie di segno distintivo, ottenibile intercettando il fascio con una ruota dentata che ruota rapidamente. Ipotizziamo che in un tempo pari a 2l / c (impiegato nel viaggio di andata e ritorno) la ruota abbia ruotato in modo tale che quando un certo fiotto di luce ritorna alla ruota, il punto F sia coperto da un dente.
La luce colpirà la parte di dente verso M2 e non raggiungerà l'occhio dell'osservatore.
Se la velocità della ruota è corretta l'osservatore non vedrà nessuno dei fiotti poiché ciascuno di essi sarà schermato da un dente.
L'osservatore misura c aumentando la velocità angolare ω della ruota, partendo da zero, fino a quando non sparisce l'immagine della sorgente S. Detta θ la distanza angolare dal centro di un foro al centro di un dente, il tempo occorso alla ruota per ruotare di θ è il tempo 2l / c del viaggio di andata e ritorno.
Cioè:

Il francese Jean Bernard Léon Foucault riusci a migliorare il metodo di Fizeau sostituendo alla ruota dentata uno specchio rotante.
Albert Abraham Michelson compì una lunga serie di misurazioni di c in un periodo di cinquanta anni, usando questa tecnica.
La velocità della luce va considerata nell'ambito più ampio e generale della velocità della radiazione elettromagnetica.
Il fatto che la velocità delle onde in tutte le parti dello spettro elettromagnetico ha, nel vuoto, lo stesso valore c è una conferma sperimentale importante della teoria dell'elettromagnetismo di Maxwell.
La tabella che segue mostra alcune delle misure della velocità della luce fatte dai tempi di Galilei e va inteso per certi aspetti come un simbolo della tenacia e della caparbietà umana. Ne sono un esempio l'ultima colonna della tabella stessa, quella relativa cioè all'incertezza nella misura, che è migliorata nel tempo ma anche la varietà di metodi con cui sono state condotte le misurazioni.
Pervenire ad un unico "miglior" risultato tra quelli della tabella non è semplice. Richiede infatti un accurato studio di ogni misura citata e una selezione basata sull'incertezza e sul giudizio di chi compie la selezione stessa sulla presenza o meno di eventuali errori insiti.
Nell'eseguire la media finale sarà dato alle misure con errori piccoli un peso maggiore di quello dato alle misure con errori grandi.
Raymond Thayer Birge riuscì a giungere attraverso una analisi oculata di tali misure al "valore migliore" (relativamente al 1964):

L'incertezza delle misure è al di sotto dello 0,0001 %.
Vogliamo ora descrivere il "metodo della cavità a microonde", adoperato da Louis Essen in Inghilterra e da Bol e Hansen negli Usa, che impiega onde elettromagnetiche stazionarie che sono conficcate in una cavità.
La figura schematica che segue mostra una cavità risonante le cui estremità sono chiuse con due coperchi metallici; essa è costruita da una sezione di guida d'onda.
Per semplicità le linee di E non sono mostrate in (a) e quelle di B non sono mostrate in (b).
Il sistema di oscillazioni nella cavità è correlato strettamente a quello nella guida e ha la stessa "lunghezza d'onda della guida" λg.
La lunghezza d'onda della guida è a sua volta correlata alla lunghezza della cavità l dalla relazione:

che è uguale alla relazione usata per le onde acustiche nelle canne chiuse.
Il procedimento consiste nel misurare λg per una tale cavità posta in condizioni di risonanza e usando l'equazione

dove a è la larghezza della guida, nel calcolare la lunghezza d'onda λ nel vuoto. Misurata la frequenza di risonanza, la velocità c è ricavabile dall'equazione .
Va precisato comunque, infine, che oggi la velocità della luce nel vuoto è fissata per convenzione al valore (esatto senza incertezza):

Bibliografia
Fisica 2. Elettromagnetismo-ottica - David Halliday, Robert Resnick.