Questa è la riedizione di un articolo di alcuni anni fa, riscritto per rendere più leggibili le formule matematiche fondamentalmente.
Ne ho approfittato per aggiungere la descrizione qualitativa del classico regolatore idraulico con le considerazioni che conducono alla sua funzione di trasferimento.
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Generatore rotante in regime di funzionamento quasi-stazionario
Una variazione nella richiesta di potenza ad un generatore rotante, una macchina sincrona ad esempio, si manifesta immediatamente come una variazione della coppia resistente applicata all'albero.
Lo squilibrio conseguente tra coppia motrice CG e coppia resistente CU, l'uguaglianza delle quali caratterizza la marcia a velocità costante Ω, determina un'accelerazione, positiva o negativa a seconda che la richiesta di potenza diminuisca od aumenti.
Durante il transitorio, cioè nell'intervallo di tempo in cui permane lo squilibrio, le apparecchiature di regolazione della sorgente di energia primaria (flusso di vapore, portata idraulica o flusso di combustibile), pilotano il generatore verso una nuova situazione di equilibrio, raggiunta quando CG ridiventa uguale a CU, e considerando unitario il rendimento della macchina, PG (potenza generata dal motore primo uguale a PU (potenza richiesta dai carichi o uscente dall'alternatore).
Il funzionamento a regime di un generatore elettrico, è perciò caratterizzato dalle equazioni:
PG = PU
CG = CU
[1]
Quando le condizioni di equilibrio espresse dalle [1] si verificano a velocità diverse, il generatore effettua la regolazione primaria; quando invece si verificano ad una velocità prestabilita il generatore effettua anche la regolazione secondaria.
Regolazione Primaria
La frequenza elettrica è direttamente proporzionale alla velocità di rotazione, quindi la variazione di potenza determina una variazione della frequenza.
Il legame tra variazione di potenza ΔP = P2 − P1 e variazione di frequenza Δf = f2 − f1 ( gli indici 1 e 2 indicano rispettivamente la situazione di regimi iniziale e finale ), quando le variazioni di frequenza sono percentualmente piccole come si verifica nelle reti elettriche, si esprime matematicamente con una relazione lineare:
Il segno meno indica che un aumento della potenza comporta una diminuzione della frequenza e viceversa.
Infatti un aumento della potenza richiesta provoca un aumento della coppia resistente con un rallentamento della macchina, quindi una diminuzione della velocità e della frequenza.
KR, ha le dimensioni di un'energia e, all'interno del campo di variazione ammesso per la frequenza, si può considerare costante. E' detta energia regolante del generatore. Indica la variazione di potenza corrispondente alla variazione di frequenza di . La variazione della potenza si ottiene regolando il flusso del combustibile che alimenta il motore primo o il flusso d'acqua o di vapore, che aziona la turbina che mantiene in rotazione l'alternatore.
KR è dunque una costante caratteristica della macchina e dipende dalle impostazioni di regolazione adottate.
Se indichiamo con f0 ed f1 le frequenze che delimitano il campo di regolazione, rispettivamente la frequenza di funzionamento a vuoto del generatore (PG = 0) e la frequenza alla quale il generatore eroga la potenza nominale PN (PG = PN), indicando poi con fN la frequenza nominale, intermedia alle due precedenti, e si definisce con
Ad esempio per un grado di statismo regolabile tra il 4% e l'8%, l'energia regolante di un gruppo di potenza nominale PN, considerando , varia tra la metà ed un quarto della stessa PN.
L'energia regolante è dunque inversamente proporzionale al grado di statismo.
Le espressioni matematiche precedenti possono essere rappresentate nel piano cartesiano potenza-frequenza. Dalla [2], ponendo nulla la potenza alla frequenza f0, indicando con P la potenza alla frequenza f si ha
che è la caratteristica statica della macchina.
Nella fig. 1 sono riportate diverse caratteristiche statiche di una stessa macchina, ottenute variando i parametri di regolazione. Sono segmenti di retta la cui pendenza dipende dall'energia regolante.
Il rapporto PN / fN è una costante. Il regolatore permette però di variare il grado di statismo σ, quindi l'energia regolante KR che, nel grafico, corrisponde alla tangente trigonometrica dell'angolo γ.
Aumentando il grado di statismo diminuisce la potenza regolante, ed aumenta la frequenza a cui si ha una data potenza P; nel grafico i segmenti rossi rappresentano caratteristiche statiche di una macchina di potenza nominale PN al variare dello statismo. Essi aumentano la loro pendenza all'aumentare dello statismo, o, ciò che è lo stesso, della frequenza f0 a cui la macchina lavora a vuoto, e la loro intersezioni con la retta verticale in corrispondenza della potenza generica P si hanno ad una frequenza tanto maggiore quanto paggiore è la pendenza. Se lo statismo è maggiore di zero ad ogni potenza corrisponde una determinata frequenza; maggiore è il grado di statismo; se è nullo, qualsiasi potenza compresa tra 0 e PN) si ha sempre alla stessa frequenza: f = f0 per ogni P (caratteristica orizzontale).
Se un gruppo elettrogeno lavora da solo, "in isola" come si dice, ed è dotato di un regolatore elettronico del grado di statismo compreso, ad esempio, tra lo 0% e l'8%, conviene impostarlo a zero.
Se invece opera in parallelo con altri gruppi o con la rete, il valore dello statismo è definito dalle caratteristiche desiderate, in quanto consente di stabilire il modo in cui i vari gruppi si ripartiscono il carico.
Le varie condizioni sono rappresentate, nella figura, dalle rette rosse e nera. La potenza non può crescere oltre il valore nominale. Quindi se la frequenza dovesse scendere al di sotto di f1, il regolatore impedisce l'incremento di potenza che resta uguale a PN. Da qui il tratto verticale della caratteristica. A volte la potenza viene limitata ad un valore PL < PN
- Riepilogando: data una certa macchina che può erogare la potenza nominale PN alla frequenza f1, è possibile regolarne lo statismo che, graficamente, corrisponde a variare la pendenza della caratteristica frequenza potenza.
- Dal grado di statismo impostato dipende la regolazione di frequenza primaria.
Regolazione secondaria
E' possibile, a parità di statismo, impostare la regolazione della macchina in modo da aumentare o diminuire la potenza erogata a parità di frequenza. Nel grafico ciò corrisponde a traslare la caratteristica verso l'alto o verso il basso (segmenti azzurri in fig. 1).
Alla frequenza a cui si aveva la potenza P sulla caratteristica nera, sulle caratteristiche azzurre si hanno le potenze e
maggiori di P e
inferiore.
Con la traslazione verticale della caratteristica che si ottiene con un dispositivo di regolazione comunemente detto "variagiri", si ha la regolazione secondaria.
In regolazione primaria alla variazione di potenza corrisponde una variazione di frequenza dipendente dall'energia regolante.
Con la regolazione secondaria si riporta la macchina a funzionare alla frequenza stabilita con la nuova potenza richiesta.
I carichi ed il gruppo: funzionamento in isola
fig. 2
La potenza assorbita dai carichi dipende dalla frequenza. Non per tutti i tipi di carico, certamente: non per i carichi puramente resistivi ad esempio, ma per i motori in genere sì. La velocità di rotazione è direttamente legata alla frequenza, sia per sincroni che per asincroni; e le apparecchiature meccaniche da essi azionati, quali pompe centrifughe, ventilatori, macchine utensili, richiedono coppie dipendenti dal quadrato o addirittura dal cubo della velocità.
In situazione di regime, come più volte detto, vale l'equilibrio perfetto delle potenze in gioco PG = PU ( fig. 2).
Si è visto in che modo PG dipende dalla frequenza. Ora, per esplicitare l'equazione, occorre conoscere il modo in cui PU dipende dalla frequenza.
Per piccole variazioni della frequenza rispetto ad un valore di riferimento, possiamo ritenere la dipendenza lineare, quindi scrivere un'espressione formalmente simile a quella scritta per il generatore, con la differenza che, nel caso dei carichi, ad un aumento di frequenza corrisponde un aumento della potenza assorbita:
La costante KU si chiama energia regolante dei carichi ed ha un'espressione che in prima approssimazione vale
In cui è la potenza dei carichi alla frequenza nominale
ed α l'esponente globale secondo cui la potenza assorbita dipende dalla frequenza (ad esempio 1: per i carichi che vi dipendono linearmente, cioè che mantengono costante la coppia al variare della velocità; 2 o 3 per pompe centrifughe, e così via; 0, lo ricordiamo, per i puri resistori: l'α complessivo ne sarà una combinazione)
fig.3
Nella figura fig. 3 i segmenti di retta rossi rappresentano le caratteristiche dei carichi di data energia regolante. L'energia regolante dei carichi è, matematicamente, la tangente trigonometrica dell'angolo λ. La caratteristica u2 si differenzia dalla u1 per la maggior potenza richiesta a parità di frequenza: alla frequenza fN la potenza dei carichi vale rispettivamente P1 e P2 con P2 − P1 = ΔP, incremento di potenza dei carichi. Quindi se un complesso di carichi richiede una variazione di potenza, la caratteristica statica dei carichi subisce nel piano f,P una traslazione: verso destra per un incremento, verso sinistra per un decremento.
A regime, come più volte detto, la potenza generata è uguale alla potenza assorbita dai carichi. Una determinata condizione di regime è allora rappresentata dall'intersezione della caratteristica statica del generatore, ad esempio r1, con la caratteristicastatica dei carichi, ad esempio u1. La potenza in gioco è dunque P1 e la frequenza fN, che supponiamo sia la frequenza nominale.
Se i carichi richiedono un incremento di potenza ΔP, la nuova caratteristica dei carichi è u2, quindi, dopo il transitorio la cui durata è in genere dell'ordine di una o qualche decina di secondi, la nuova situazione di equilibrio corrisponderà all'intersezione di u2 con r1, cioè con il punto 3 cui corrisponde una potenza P3 ed una frequenza f3,inferiore ad fN. Anche P3 è inferiore a quella che corrisponde alla potenza dei carichi alla frequenza nominale. I carichi cioè,essendo la frequenza inferiore, "rinunciano" alla potenza ΔP, e "si accontentano" dell'incremento ΔP'
Se le cose rimangono così, ciò che si è avuta è la cosiddetta regolazione primaria, con una variazione di frequenza determinata dal grado di statismo impostato per il generatore. Se si vuole invece che i carichi ricevano la potenza richiesta alla frequenza nominale, occorre che l'intersezione della caratteristica dei carichi con quella del generatore avvenga nel punto 2. Occorre perciò intervenire sul generatore effettuando la regolazione secondaria, che ne modifica la caratteristica statica da r1 ad r2.
In definitiva per soddisfare le esigenze dei carichi mantenendo costante la frequenza non basta la regolazione primaria, ma occorre intervenire con la regolazione secondaria. Anche se in questa discussione le due regolazioni sono presentate in successione, nella realtà possono avvenire contemporaneamente.
Funzionamento in parallelo
Nella fig. 4 è mostrato un collegamento in cui un complesso di carichi, U, è alimentato da due gruppi in parallelo.
Lo stesso schema è valido anche per un gruppo in parallelo alla rete. La rete infatti può essere immaginata come un gruppo che impone una frequenza fissa, fN, rappresentabile con una caratteristica statica orizzontale (statismo = 0).
Immaginiamo che il gruppo di generazione in esame sia quello contrassegnato dall'indice 1, mentre l'indice 2 indica l'altro gruppo oppure la rete. La potenza utile PU è suddivisa tra i due gruppi per cui a regime, ad una data frequenza si ha
fig. 4
Parallelo con la rete
Analizziamo il comportamento del gruppo 1 in parallelo alla rete.
fig. 5
Nella parte destra del grafico di fig. 5 sono rappresentate le caratteristiche statiche del gruppo 1, corrispondenti a tre frequenze a vuoto diverse ed identico statismo. La frequenza nominale fN corrisponde alla frequenza a vuoto della caratteristica r0. Nella parte destra è rappresentata la caratteristica della rete, la semiretta verde orizzontale f = fN
Supponiamo si debba erogare al carico una certa potenza PU, rappresentata dal segmento verde AB. Se il gruppo 1 è rappresentato dalla r0, essendo la frequenza fN imposta dalla rete, a tale frequenza il gruppo 1 non può erogare potenza; quindi funziona a vuoto e tutta la potenza PU è erogata al carico dalla rete: il punto di funzionamento è dunque P2 = PU sulla retta orizzontale fN che rappresenta le rete.
Se ora si aumenta la frequenza a vuoto del gruppo 1, il che corrisponde ad una traslazione della sua caratteristica verso l'alto, se si lascia contemporaneamente inalterato il grado di statismo impostato, alla frequenza fN, sempre imposta dalla rete, corrisponde sulla r1 la potenza , la quale sarà erogata dal gruppo al carico. La quota di potenza rimanente
è la potenza erogata dalla rete al carico. Quindi intervenendo sul "variagiri" si può distribuire la potenza richiesta dal carico tra il gruppo e la rete.
Parallelo con un altro gruppo
La stessa cosa succede se invece della rete consideriamo un altro gruppo in parallelo ad 1.
Per semplicità supponiamo che il gruppo 2 sia identico al gruppo 1, con identico statismo.
Alla caratteristica orizzontale verde della parte di sinistra del diagramma, che rappresentava la rete, va ora sostituito quella rossa che rappresenta il secondo gruppo. Esso ha la stessa frequenza a vuoto del gruppo 1 con caratteristica r1 e lo stesso statismo. La potenza PU del carico si suddivide in parti uguali tra i due gruppi:
con
.
La situazione di equilibrio si ha però ad una frequenza f1 > fN. Per trovare i valori detti si traccia il segmento AB che rappresenta la PU, mantenendolo orizzontale, finché i suoi estremi toccano le due caratteristiche statiche.
Se aumentiamo la frequenza a vuoto del gruppo 1 realizzando la caratteristica r2, il gruppo 1 aumenterà la sua quota di potenza, e l'equilibrio si verificherà ad una frequenza f2 > f1 > fN. Si avrà, a quella frequenza , con
potenza generata dal primo gruppo maggiore di
potenza generata dal secondo gruppo.
Il parallelo dei gruppi di generazione tra loro e con la rete è in realtà un fenomeno molto complesso.
Le considerazioni precedenti, basate esclusivamente sulle caratteristiche statiche, che quindi non considerano tutti i fenomeni transitori, elettrici e meccanici, non sono sufficienti per realizzarlo in modo corretto e completo.
Ad ogni modo esse forniscono idee utili per rendersi conto di come frequenza e potenza attive sono correlate e di come si può operare sulle macchine e sulle loro regolazioni per ottenere il comportamento desiderato.
Nel paragrafo successivo è ad ogni modo illustrato a grandi linee un sistema classico per ottenere i due tipi di regolazione per generatori azionati da turbine idrauliche o a vapore o anche da motori a combustibile.
Schema dell'impianto di generazione
Nella figura 6 è indicato lo schema di principio dell'impianto
Funzionamento di un regolatore idraulico
Il regolatore di velocità è un dispositivo che comanda l'apertura del distributore che controlla la potenza immessa nella turbina che aziona il generatore. Può essere realizzato in svariati modi. Le grandezze di comando sono la frequenza f, quindi la velocità di rotazione Ω, che, come visto, determina la regolazione primaria e il variagiri che permette di ottenere la regolazione secondaria.
Nella figura 7 la rappresentazione schematica di un classico regolatore draulico
Il dispositivo che sposta il punto B, spostamento che si ottiene ruotando l'albero a vite su cui è impegnato il manicotto cui B è fissato, è il variagiri. Indichiamo con gli spostamenti dei punti indicati
, positivi nel senso indicato dalle frecce. Consideriamo dapprima fisso B, quindi Δb = 0. Una variazione ΔΩ della velocità della turbina causa uno spostamento del punto A (il dispositivo con le due masse rotanti e la molla antagonista è il regolatore centrifugo di Watt). Un aumento della velocità ΔΩ > 0, provoca un Δa > 0. Si può supporre ci sia linearità tra variazione di A e variazione di frequenza, quindi porre Δa = kfΔf. A questo spostamento ne corrisponde uno positivo del punto C, Δc > 0. Il pistone azionato da C apre le luci 1 e 2. L'olio in pressione spinto dalla pompa entra nella parte superiore del cilindro 3 che fa muovere verso il basso il pistone in quanto nella parte inferiore l'olio defluisce. Lo spostamento di C non è dovuto solo allo spostamento di A, ma dipende anche dagli spostamenti di B e di D. Il punto D si sposta dunque gradualmente verso il basso (Δd < 0). Lo spostamento di C verso l'alto viene contrastato e, gradualmente riportato nella posizione che determina la richiusura delle luci 1 e 2. A questo punto il movimento del pistone nel cilindro 3 si arresta nella posizione raggiunta in quanto cessa il flusso d'olio in pressione. L'albero del pistone del cilindro 3 comanda, con la forza necessaria, il distributore della turbina. Lo spostamento di E è verso il basso, come D e determina un movimento di chiusura della valvola, quindi una diminuzione della potenza Pi immessa in turbina, come deve essere per un aumento di velocità della stessa.
Ripetendo il ragionamento per un Δa < 0 conseguente ad una diminuzione della velocità (ΔΩ < 0), si otterrà un'apertura del distributore con aumento di Pi. La variazione della potenza immessa riduce la variazione di velocità, quindi della frequenza, senza però azzerarla. Si arriva ad una nuova situazione di equilibrio
Se si sposta il punto B, ripetendo sempre le stesse considerazioni, si ottiene uno spostamento di E, quindi una variazione della Pi, la quale fa variare la frequenza che può quindi essere riportata al valore desiderato.
Il modello matematico: funzione di trasferimento
Possiamo, almeno in prima approssimazione, ritenere la variazione di Pi proporzionale allo spostamento di D. Considerando positivo il movimento in apertura possiamo porre
ΔPi = kiΔd
La costante esprime l'entità potenza controllata per un dato spostamento del distributore della turbina.
Δd lo si può ritenere proporzionale alla quantità di olio immessa nella parte superiore del cilindro 3 attraverso l'apertura 1 (uguale a quella uscita dall'apertura 2). Se riteniamo la portata proporzionale all'apertura delle due luci, che dipende proporzionalmente dallo spostamento di C, la quantità d'olio può essere calcolata eseguendo l'integrale della portata per il tempo di apertura. In definitiva lo spostamento di D lo si può calcolare come l'integrale dello spostamento di C. Tenendo presente che D e C si muovono in senso contrario, possiamo allora scrivere in termini di trasformata di Laplace, dove l'integrazione corrisponde ad una divisione per la variabile s
K, costante di integrazione, ha le dimensioni dell'inverso di un tempo, quindi
- Nota: Δa rappresenta la variazione di A nel dominio del tempo; ΔA la stessa variazione nel dominio della variabile s dopo aver effettuato la trasformata di Laplace. Stessa cosa ovviamente per tutte le altre grandezze: il simbolo maiuscolo rappresenta la grandezza nel dominio di s; il minuscolo nel dominio del tempo.
La variazione di C si può supporre come somma algebrica di variazioni linearmente dipendenti da
ΔC = kDΔD + k'AΔA − kBΔB = kDΔD + kAΔF − kBΔB
: numeri puri;
sono costanti costruttive, parametri eventualmente modificabili in sede di messa in funzione del sistema di regolazione.
Si può quindi ottenere
rappresentabile graficamente con lo schema a blocchi di fig.8
rappresenta il contributo alla variazione di potenza immessa conseguente ad una variazione di frequenza − ΔF: è la regolazione primaria
rappresenta il contributo alla variazione di potenza immessa conseguente ad una variazione del variagiri ΔB: è la regolazione secondaria
Ad un variazione finita Δf corrisponde una variazione finita della potenza immessa dovuta alla regolazione primaria. A regime si ha cioè che è l'equazione [2] con cui è stata caratterizzata la regolazione primaria.
, guadagno della funzione di trasferimento rappresentata nel blocco, è dunque l'energia regolante che dipende dai parametri del sistema
, pure dipendente dai parametri di sistema, è la costante di tempo cui è legato il tempo di risposta del sistema di regolazione alle variazione degli ingressi.
guadagno della funzione di trasferimento rappresentata nel secondo blocco, rappresenta la potenza messa in gioco per unità di spostamento di B al fine di ottenere la regolazione secondaria. Il tempo di risposta del sistema è anche in tal caso determinato dalla stessa costante di tempo TR.
Bibliografia e link
- Gruppi Elettrogeneni - Autori Vari - Ed. TNE
- Trasmissione dell'Energia Elettrica di Antonio Paolucci. Ed. Cleup
- Sistemi di regolazione
- regolazione degli impianti idroelettrici
- Controllo di frequenza e potenza
- Motori e generatori per gruppi elettrogeni
- Partecipazione alla regolazione frequenza-potenza (prescrizioni TERNA)