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Lettura di Elettrostatica n. 3

Indice

Breve premessa

Gli articoli della serie "Letture di Elettrostatica" sono nati dal seguente problema posto da bruno valente nel forum:

Problema

Se si allontana fino all'infinito l'armatura un condensatore piano, supponiamo quella negativa, quanto diventa la tensione finale tra l'armatura positiva che rimane ed una lamina metallica scarica ad essa parallela che si trova inizialmente a metà tra le due armature?


Che poi è diventato questo, che è in fondo lo stesso problema


Quale tensione esiste tra una lastra metallica piana di area A e con carica Q, ed una lastra metallica scarica ad essa parallela, posta ad una distanza d da quella carica?


Errori

Anticipo subito, per le due formulazioni, due ragionamenti errati che un elettrotecnico
( per non dire il sottoscritto...)

( per non dire il sottoscritto...)

avrebbe potuto fare...
... ahimè...!

... ahimè...!

  1. Se U è la tensione iniziale tra le armature del condensatore, essendo la lastra a metà della distanza, indicando con Ud la tensione tra l'armatura che rimane ferma e la lastra scarica a distanza d da essa, inizialmente è U_{d_i}=\frac U 2, e tale si mantiene (errore) quando la seconda armatura si allontana, perché nulla cambia (errore) nella lamina metallica scarica. Il campo elettrico tra le due armature che si allontanano, rimane infatti costante (errore), in quanto la tensione tra le armature che si allontanano aumenta proporzionalmente alla distanza ed il campo è il rapporto tra tensione e distanza: quindi U_{d_f}= \frac U 2 (errore)
  2. La lamina scarica e l'armatura formano un condensatore (errore ) piano di capacità C =\varepsilon_0 \cdot \frac A d. La carica Q dell'armatura carica, richiama la Q su quella scarica (errore): quindi, applicando la formula del condensatore, (errore):

U=\frac Q C =\frac {Q}{\varepsilon_0 \cdot A} \cdot d = \frac {\sigma}{\varepsilon_0} \cdot d


Il primo ragionamento è errato, in quanto non è vero che nulla cambia nella lamina scarica. Lo sarebbe con armature infinitamente estese, ma solo finché l'armatura che si allontana non sparisce all'infinito, come fa vedere la bella dimostrazione di RenzoDF.

Non è vero poi che, con armature di area finita, il campo rimanga costante. La capacità di un condensatore piano con armature di area A, si può calcolare sempre, per qualsiasi distanza x con la formula: C = \varepsilon_0 \cdot \frac A x solo finché è trascurabile la deformazione ai bordi del campo, finché cioè si può trascurare x rispetto ai lati delle armature. Solo in tal caso la tensione tra le armature è proporzionale alla distanza U=\frac Q C =\frac {Q}{\varepsilon_0 \cdot A} \cdot x ed il campo E=\frac U x = \frac {Q}{\varepsilon_0 \cdot A}=\frac \sigma {\epsilon_0} rimane costante. A partire però da una certa distanza non è più trascurabile l'effetto ai bordi e la formula precedente non si può applicare: la carica sull'armatura è sempre la stessa, ma si distribuisce in essa in modo non uniforme; \sigma cioè non è più una costante e così pure il campo tra le armature. Se il campo varia, varia anche la tensione tra l'armatura positiva ferma la lamina metallica pure ferma.

Nel caso di armature infinitamente estese si può ragionare in termini di capacità solo se la carica Q è pure infinita, altrimenti la tensione tra le armature è nulla:A=\infty \to C=\infty per qualsiasi x finito. Ci deve essere una densità di carica finita σ sulle armature, (quindi Q=\infty), positiva sull'una e negativa sull'altra. In tal caso si può considerarne una porzione finita di area A su cui si troverà la carica  Q= \sigma \cdot A, se σ è costante. La capacità del condensatore formato da due aree affacciate distanti x è allora data da C_x=\varepsilon_0 \cdot \frac {A}{x}. La tensione tra le due armature U_x=\frac Q {C_x} = \frac {\sigma \cdot A}{\varepsilon_0 \cdot \frac {A}{x}}=x \cdot \frac {\sigma}{\varepsilon_0}. Il campo tra le due armature è costante e vale E=\frac {\sigma}{\varepsilon_0}, costante, per cui costante è anche la tensione fra armatura carica e lastra scarica. Ma per x=\infty le cose cambiano radicalmente. Figurativamente possiamo immaginare che le linee uscenti da ogni carica dell'armatura positiva, finché da un lato esistevano cariche negative ed in ugual numero, si dirigevano verso di esse. Nel momento in cui queste "scompaiono" all'infinito, le linee uscenti si dirigono da entrambi i lati dell'armatura, perché l'infinito "è un punto" che circonda l'armatura, metà da una parte e metà dall'altra. La densità di carica superficiale si dimezza e con essa il campo che vale E_\infty=\frac {\sigma}{2 \cdot \varepsilon_0}. Quindi si dimezza anche la tensione tra l'armatura rimasta e la lamina scarica.


Il secondo ragionamento è errato perché, sebbene per armatura e lastra sia definibile la capacità in base alle caratteristiche geometriche e fisiche, nel caso di cariche diverse su di esse, non si può parlare di un condensatore che richiede induzione completa tra i due conduttori. L'induzione sarebbe completa se la carica che si separa sulle due facce della lamina, che deve complessivamente rimanere scarica, fosse uguale a quella dell'armatura carica. Invece la carica che si separa è inferiore. La lamina infatti non intercetta tutte le linee del campo prodotto dalla lastra carica e ne intercetta sempre meno man mano che l'altra armatura si allontana. Non è in definitiva applicabile la formula U = \frac Q C non avendo le due armature carica uguale ed opposta.

Una strada per arrivare alla soluzione ovviamente c'è: si determina l'andamento del campo elettrico prodotto dall'armatura carica e si calcola l'integrale di linea del campo tra l'armatura carica e la lastra metallica, che sono entrambe superfici equipotenziali.

E' una strada che richiede la soluzione dell'equazione di Laplace, analiticamente risolvibile in casi semplici, ma che, in generale, richiede il ricorso al calcolo numerico.


La

Simulazione

con FEMM

anim3.gif

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con questi dati

  • A=500 \times 1000 \, mm^2
  • Q_1=+11,6 \, nC : armatura destra
  • Q_2=-11,6 \, nC : armatura sinistra
  • Q=0 \, C : lastra intermedia
  • d=50 \,mm: distanza tra armatura ferma e lamina

si hanno questi risultati

Nella posizione iniziale

U_{d_i}=V_{1}-V_{0}=100 \, V

U=V_1-V_2=200 \, V

Nella posizione finale

U_{d_f}=V_{1}-V_{0}= 56 \, V

La tensione tra l'armatura destra che rimane e la lamina metallica scarica diminuisce ed è poco più della metà di quella iniziale.

Se armatura e lamina sono idealmente di superficie infinita è esattamente la metà, come dimostra la bella ed istruttiva

dimostrazione

di RenzoDF

Grande Renzo!

Grande Renzo!


Partiamo, per semplicità, con il campo prodotto da un piano infinito carico con densità di carica pari a σ; per il teorema di Gauss possiamo calcolarlo come riportato in fig.1 (per ora tralasciamo la dimostrazione)

e considerarlo costante a qualsiasi distanza dalla superficie; le linee di forza saranno parallele e perpendicolari alla superficie stessa a questo punto introduciamo a due superfici, sempre infinite, cariche di segno opposto ad una distanza d, e notiamo come all'interno il campo raddoppi e all'esterno si annulli

Introduciamo ora una lastra conduttrice, e notiamo come, gli elettroni vengano a muoversi verso il piano carico positivamente, in modo tale che il campo all'interno di un conduttore il campo elettrico risulti pari a zero;

se veniamo ora a togliere il piano superiore, viene a mancare il suo contributo (verde) in tutto lo spazio, e la nuova situazione fa cambiare anche la dislocazione elettronica sulla piastra centrale, che si ridurrà automaticamente fino a portare a zero il campo elettrico all'interno del conduttore, ottenendo la configurazione di figura

La carica si ridistribuisce, e sulla faccia inferiore della lastra conduttrice ci ritroviamo solo mezza carica \frac Q 2, il campo come dimostrato si dimezza e la tensione pure, che passerà da \frac V 2 (dell'intero condensatore) a \frac V 4.

bisogna comunque notare che, dato che è conveniente mantenere la definizione della capacità con C=\varepsilon _{0}\cdot \frac{S}{d} e ovviamente anche con C=\frac{Q}{V}, la carica da considerare sarà \frac Q 2.

Conclusione (per il momento)

L'ultima osservazione della precedente dimostrazione consente di dire che la formula da applicare per determinare la tensione esistente tra un'armatura con carica Q ed un'altra scarica, volendo utilizzare il valore della capacità del condensatore che le due lastre possono formare e che dipende esclusivamente dalla loro geometria e dal dielettrico interposto, è:

U=\frac {\frac {Q}{2}}{C}

Se indicate con Q1 e Q2 le cariche con segno sulle due armature, posto

ΔQ = Q1Q2

Nel caso specifico ssendo

Q1 = Q e Q2 = 0

si ha

\Delta Q= \frac {Q-0}{2}= \frac Q 2

Quindi possiamo scrivere

U=\frac {\frac {\Delta Q}{2}}{C}

Osserviamo che la formula precedente va bene anche per un condensatore vero, cioè quando l'induzione è completa: Q1 = Q e Q2 = − Q per cui \frac {\Delta Q} 2=Q

Nasce allora un quesito: la formula può andare bene per calcolare la tensione tra due armature con carica qualsiasi e qualunque sia la forma delle armature?

E' la successiva domanda bruno valente ha posto nel forum.

Egli è giunto ad una conclusione negativa per quel che riguarda la forma delle armature ed ha proposto una modifica alla formula introducendo coefficiente, K, che potrebbe essere definito come coefficiente di induzione elettrostatica o di simmetria.

Al posto di \frac {\Delta Q} 2 la proposta è di scrivere

Q_1 \cdot (1-K) - K \cdot Q_2

e determinare la tensione tra le due armature con

U=\frac {Q_1 \cdot (1-K) - K \cdot Q_2}{C}

Occorre dimostrare che effettivamente K è un coefficiente dipendente unicamente dalla geometria delle armature definirne il calcolo. Sarà l'argomento della prossima Lettura di Elettrostatica: Condensatori e simmetria.

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